mercoledì 5 aprile 2017

Cresce la voglia di armarsi. I commercianti si attrezzano

Diciotto furti in 25 anni di attività. «Fortunatamente nessuna rapina a mano armata», racconta Aldo Mario Cursano, che oltre a fare il ristoratore a Firenze è vicepresidente della Federazione italiana pubblici esercizi (Fipe). «Ma le assicuro che è comunque un’esperienza drammatica, è una brutta sensazione trovarsi di fronte ad una scelta di sopravvivenza», dice, spiegando che la categoria è «terrorizzata». E che «ognuno si sta organizzando come può».

L’imprenditore racconta che nell’area mercatale di San Lorenzo gli esercenti hanno creato un sistema di sirene collegate tra loro, per cui «se arriva un ladro o un borseggiatore io lancio l’allarme e si mette a suonare tutta la strada». Ma è chiaro che la sirena non può essere uno strumento di contrasto alla criminalità. Soprattutto quando, come è successo al povero barista del bolognese ucciso lo scorso primo aprile, il rapinatore ti si para davanti impugnando un fucile da caccia. La verità, dice, «è che «lo Stato ci ha abbandonato, che sta vincendo l’illegalità, che abbiamo un sistema che rincorre e non è in grado di garantire la sicurezza, che nessuno va più neanche a fare le denunce, perché si tratta solo di partecipare ad una statistica».
È in questo clima che tanti stanno facendo da soli. Molte associazioni territoriali, come l’Ascom di Ferrara, hanno messo in piedi corsi di autodifesa per gli iscritti. Ma sta crescendo anche, pure se in pochi lo ammettono, la voglia di armarsi. Cursano dice di non avere il porto d’armi. E sono contento così, prosegue, «qualche tempo fa sono venuti i ladri in casa, c’erano anche i miei figli, se mi fossi svegliato e se avessi avuto una pistola, l’avrei usata». Detto questo, ammette, «non le nascondo che in qualche modo un po’ tutti si stanno organizzando. L’arma è l’ultima ratio, ma se non veniamo difesi bisogna che veniamo messi nelle condizioni di difenderci». Anche perché, prosegue, «noi apriamo di notte e chiudiamo di notte e su un milione di addetti 600mila sono donne e il 70% sono sotto i 30 anni». Insomma, «negli esercizi ci sono le nostre famiglie, le nostre moglie, i nostri figli, giovani che iniziano a lavorare. Èd è normale che di fronte alla violenza molti di noi inizino a sviluppare forme, diciamo, di autodifesa».

Concetto che viene confermato anche da Pasquale Busà, responsabile sicurezza e legalità di Confesercenti. «Molti imprenditori ci confidano di avere paura», spiega, «soprattutto tabaccai, benzinai e in generale che conduce attività che prevedono un grande flusso di contanti». Busà non arriva al punto di dire che è qui, tra chi è più spaventato, che si sta facendo strada l’idea dell’arma. «Ma non posso negare che sia un’ipotesi vera», ammette, «c’è chi valuta, anche se è una strada che sconsigliamo perché moltiplica il rischio».
D’altro canto, pistola o no, i numeri snocciolati da Busà ci riportano l’immagine di una categoria in guerra. «Le imprese, in particolare quelle di commercio e turismo», spiega, «negli ultimi anni sono state sottoposte ad una pressione criminale altissima: viaggiamo al ritmo di un furto in un negozio ogni cinque minuti, cui aggiungere circa 30mila rapine a mano armata negli ultimi cinque anni. E questi dati sono riferiti alle sole denunce, che spesso non vengono avanzate, soprattutto in caso di furti di modesta entità o di pericolo per il denunciante».

La proposta di Confesercenti per evitare il far west è quella di una maggiore collaborazione tra imprese e forze di polizia, attraverso un collegamento diretto e in tempo reale ai sistemi di videosorveglianza privati che in Italia sono più di 2 milioni. «Oggi le forze dell’ordine si limitano ad usare il materiale dopo che il crimine è stato commesso», dice Busà, «devono invece diventare occhi per consentire di intervenire subito sul luogo del reato».
Per la Fipe una soluzione sarebbe quella di estendere le competenze degli addetti selezionati dalle prefetture per i servizi di controllo delle attività di intrattenimento, oggi utilizzati esclusivamente per vigilare sui luoghi delle movida. «Si tratta», spiega Cursano, «di figure ponte tra cittadini, commercianti e forze dell’ordine. Perché non le istituzionalizziamo visto che le forze di polizia, per numeri, per difficoltà, per crisi non possono presidiare adeguatamente il territorio?».

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