Pur di non lavorare nel week end i sindacati si inventano pure lo sciopero contro l'incendio. Dopo la grande protesta andata in scena a Pasqua per le aperture domenicali dei negozi, che soprattutto in una fase di crisi portano soldi preziosi sia nelle tasche dei dipendenti sia nelle casse dell'impresa, la Fiom è tornata all'attacco dei fine settimana, proclamando l'astensione dal lavoro nei giorni in cui la Sevel di Atessa (Chieti) ha programmato due turni di recupero.
La decisione dello stabilimento del gruppo Fca che produce il Ducato non ha nulla a che fare con le logiche commerciali o con la voglia di sfruttare i lavoratori. L’unico obiettivo è quello di riallineare la produzione, recuperando il tempo perso con l’incendio che si è scatenato lo scorso mercoledì. L’incidente, che sembrerebbe essere stato causato da un corto circuito scaturito dai gruppi di continuità del centro elaborazione dati, ha infatti costretto l’azienda ad interrompere la produzione sia nel turno notturno dalle 22 alle 6, sia in quello previsto per la mattina di giovedì. Di qui la richiesta ai dipendenti di recuperare il lavoro perso nel turno delle 6 di mattina di oggi e in quello delle 22 di domenica 7 maggio.
Invece di invitare i lavoratori a rimboccarsi le maniche per ripristinare i livelli produttivi, i sindacati hanno pensato bene di far saltare alla Sevel un altro po’ di turni, proclamando lo sciopero nelle date previste per i recuperi. «Il fermo produttivo generato dall’incendio verificatosi presso il Ced», denuncia il segretario generale Fiom, Davide Labbrozzi, «dovrebbe essere pagato da tutti noi che, attraverso un recupero, dovremmo nuovamente lasciarci le nostre famiglie per recarci al lavoro nel week end. Noi, come nelle precedenti occasioni, siamo contrari». Alla base della rivendicazione ci sono, innanzitutto, il mancato dialogo con i sindacati («il recupero non può essere imposto con sole ventiquattrore di preavviso e senza una discussione») e il mancato accordo sul corrispettivo («i recuperi a costo zero non vanno bene»). Ma alla fine l’insofferenza per i lavoro nei festivi e prefestivi rispunta fuori. «Noi», prosegue Labbrozzi, «siamo per un no secco e deciso. E alla Sevel diciamo che le lavoratrici e i lavoratori non ne possono più di trascorrere i week end in fabbrica».
Il braccio di ferro tra sindacati e azienda alla Sevel, d’altra parte, non è una novità. Solo qualche settimana la Fiom ha proclamato un altro sciopero per denunciare il mancato stop degli impianti malgrado lo svenimento di un operaio che aveva urtato la testa contro un braccio meccanico. «Far ripartire la linea con un lavoratore a terra», aveva tuonatosempre Labbrozzi, «è un atto inaccettabile. Sintomo di un’azienda che surclassa l’uomo a vantaggio della produzione». Mentre a febbraio la Rsa Usb aveva denunciato l’episodio di un lavoratore (che ha poi ricevuto le scuse dell’azienda) «costretto ad urinarsi addosso dopo aver più volte richiesto di potersi recare in bagno».
Gli alti livelli produttivi della fabbrica non sono, però, dispiaciuti ai lavoratori quando, qualche mese fa, si sono messi in tasca un bonus medio di 1.320 euro, come previsto dalle politiche retributive di Fca per gli stabilimenti che hanno mantenuto o migliorato le loro performance.
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