Un buco informatico di circa un anno. Tutte le mail degli amministratori della Popolare di Vicenza nel periodo tra il maggio 2014 e il marzo 2015 sono misteriosamente sparite non solo dai pc ma anche dai server di back up. E non si tratta di un disguido. È proprio in quei mesi, infatti, che ci sono stati «gli ultimi aumenti di capitale e la campagna svuotafondo con cui la banca si è liberata delle azioni proprie che aveva in portafoglio». Dall’atto di citazione presentato al Tribunale di Venezia con cui gli attuali vertici di Bpvi chiedono agli ex manager il risarcimento di 2 miliardi di danni emergono ulteriori dettagli della mala gestione che ha mandato in fumo i risparmi di 200mila piccoli azionisti. Una gestione, ha commentato l’ad Fabrizio Viola, che si è rivelata peggio di quella di Mps. «A Siena», ha spiegato, «nessuno ha mai messo le mani in tasca ai clienti, e quando i clienti sono usciti l’hanno fatto per paura, non per rabbia».
Quanto alle mail, ha proseguito Viola, «in una banca sono come l’archivio e quindi questa cosa è di grande gravità». La manipolazione informatica, secondo l’atto di citazione, è servita a nascondere «tutta una serie di condotte illecite volte a far figurare una solida situazione della banca, in realtà assai diversa». L’atto di citazione ritorna anche sulla questione dei prestiti baciati, spiegando che «esiste la prova che, in alcuni casi, nella medesima seduta il consiglio ha deliberato sia l’affidamento ad un determinato socio, sia l’autorizzazione all’acquisto di azioni della banca da parte del medesimo soggetto». Questo significa che gli amministratori «avevano a disposizione tutte le informazioni per rilevare l’anomalia insita nel contestuale aumento delle concessioni creditizie e quello delle richieste di acquisto da parte dei clienti. Nel documento che accusa 32 ex manager viene ricordato che proprio su queste vicende «sono in corso contro Bpvi numerose cause civili con richieste che, in totale, a fine 2016 raggiungevano i 585,4 milioni». E la cifra potrebbe anche gonfiarsi, visto che i giudici iniziano a dare ragione ai risparmiatori. a fatto da apripista il tribunale di Verona, che una decina di giorni fa, ha accolto le richieste di una piccola socia, condannando Pop Vicenza a restituire 40mila euro. L’informativa sulla illiquidità dei titoli è stata, secondo i magistrati, «del tutto insufficiente».
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