«Manipolativo e surrettiziamente propositivo». In altre parole, inammissibile. A pochi giorni dal verdetto della Corte Costituzionale, che l’11 dicembre si riunirà per valutare la legittimità dei quesiti, sul referendum proposto dalla Cgil per spazzare via il cuore del jobs act il governo arriva l’affondo dell’Avvocatura di Stato.
Nel mirino della memoria depositata ieri dai consulenti giuridici della Pa per conto della Presidenza del Consiglio c’è innanzitutto il tentativo di azzerare la riforma dell’articolo 18, punta di diamante dell’operazione promossa dal sindacato rosso. Proponendosi di «abrogare parzialmente normativa in materia di licenziamento illegittimo», si legge nel documento, «di fatto la sostituisce con un’altra disciplina assolutamente diversa ed estranea al contesto normativo di riferimento». La tesi è che il quesito punta ad estendere i precedenti vincoli dell’articolo 18 a tutte le aziende con più di 5 dipendenti, cosa che prima del jobs act riguardava solo le imprese agricole (per gli altri la soglia è di 15 dipendenti). Di qui l’accusa di aver utilizzato una tecnica di ritaglio della norma che rende il referendum «surrettiziamente propositivo».
Altrettanto improponibile, secondo i legali della Pa, è il quesito che punta all’abolizione dei voucher. L’abrogazione delle norme contenute nel jobs act produrrebbe, infatti, «un vuoto normativo idoneo a privare di una compiuta e necessaria regolamentazione» tutte quelle prestazioni che non rientrano «nel paradigma del lavoro a termine o di altre figure giuridiche contemplate dall’ordinamento vigente». La realtà, si legge nella memoria, è che il proposito referendario non è tanto quello di sopprimere il voucher, «ma di abolire lo stesso istituto del lavoro accessorio».
Meno gravi, per l’Avvocatura, le conseguenze del terzo quesito relativo alle disposizioni che limitano la responsabilità in solido di appaltatore e appaltante in caso di violazioni nei confronti del lavoratore. In questo caso, «l’eventuale esito positivo della consultazione condurrebbe ad una condizione di incertezza normativa».
Il giudizio tagliente dei legali di Palazzo Chigi ha immediatamente riacceso le tensioni nella maggioranza, alimentate ieri anche dalle polemiche sull’uso dei voucher da parte della Spi-Cgil di Bologna. Se per il presidente della commissione Lavoro del Senato, Maurizio Sacconi (Ap-Ncd), i rilievi dell’Avvocatura sono «opportuni» e fondati, per il suo omonimo alla Camera, Cesare Damiano (Pd), si tratta di posizioni «comprensibili, ma non condivisibili». Scontata la protesta della Cgil, secondo cui nei quesiti non c’è «alcuna manipolazione».
© Libero