giovedì 12 gennaio 2017

Alle banche 20 miliardi. E non bastano

Dopo il danno arriva puntuale la beffa: i 20 miliardi di debito pubblico per salvare le banche potrebbero non bastare. Per il primo passo ufficiale del decreto salvabanche bisognerà aspettare ancora qualche ora. La Commissione finanze del Senato ha dovuto dare la precedenza a provvedimenti in scadenza e l’iter per la conversione del decreto in Senato, con la scelta dei relatori e l’incardinamento del dl, è slittata ad oggi. Per gli emendamenti, tra cui ci sarà quello anticipato da Paolo Romani (FI) a Libero sulla pubblicazione della lista dei debitori di Mps, si dovrà invece aspettare fino al 24 gennaio, termine ultimo per la presentazione.

Nel frattempo, però,sono arrivati i rilievi dei tecnici del Servizio Bilancio. E le questioni sollevate non sono da poco. A partire dai dubbi sulla adeguatezza della cifra messa sul piatto dal governo. Quando da Palazzo Chigi uscì la notizia dei 20 miliardi di indebitamento aggiuntivo per tappare le falle del sistema creditizio la maggior parte dei contribuenti italiani fece un salto sulla sedia. Ora, invece, si scopre che quei soldi non sono poi così tanti.
Secondo gli esperti del Senato, infatti, bisogna chiarire se la dote stanziata sia sufficiente per contenere anche «possibili scostamenti rispetto alle previsioni». Un elemento di incertezza, si legge nel dossier, «sembra essere costituito dall’ammontare delle nuove emissioni cui si applicherà la garanzia statale visto che esso, secondo la relazione tecnica,potrebbe anche essere superiore all’ammontare in scadenza nel 2017». Il governo dovrà dunque spiegare se e in che modo si è tenuto conto di tale margine di oscillazione.

In effetti nella stessa relazione allegata al decreto si fa riferimento ad una stima di Bankitalia secondo cui i bond emessi dalle banche italiane in scadenza nel 2017 ammontano a 101 miliardi. Se oltre a questi titoli si considerano anche i covered e le obbligazioni subordinate si arriva a 112 miliardi. Se le cifre fossero queste, i calcoli di Palazzo Koch indicano in 771 milioni il costo massimo della garanzia pubblica sulle emissioni che resterebbero senza copertura in caso di default.
Ma l’ammontare delle emissioni, si ammette nel documento, potrebbe anche salire, «tenuto conto che le banche potrebbero trovarsi nella condizione di dover far fronte a deflussi di altre forme di raccolta (depositi, pronti contro termine)». A questo proposito, spiegano i tecnici, sarebbero «utili elementi di valutazione in merito alla platea dei soggetti bancari, i quali risultino anche solo potenzialmente interessati da una crisi di solvibilità».
Anche perché, al di là delle stime di Bankitalia sul costo della garanzia statale, nel decreto «non viene fornito alcun dato in relazione alla seconda tipologia di intervento prevista, ovvero gli interventi di ricapitalizzazione delle banche». Su questo punto, criticano gli esperti del Servizio Bilancio, la relazione tecnica «si limita ad affermare genericamente che la dotazione del fondo è largamente sufficiente».

Grande vaghezza c’è anche sul caso Mps, che sarà il primo banco di prova del salvabanche. «Laddove sono sin d’ora stabiliti i parametri di valorizzazione delle passività finanziarie emesse dal Monte dei Paschi ai fini dell’accesso alla procedura di intervento erariale (ricapitalizzazione cd. precauzionale)», si legge nel documento, «andrebbe certificato l’ammontare dell’intervento erariale conseguentemente previsto a fronte dell’importo sommariamente dichiarato il 29 dicembre scorso dall’istituto di emissione».
Altra questione riguarda il risarcimento dei risparmiatori. Il riacquisto delle azioni ottenute in cambio della conversione dei bond, si chiedono i tecnici, «comporterà una forma di premio o unacopertura delle perdite?». Nel primo caso l’intervento è «compatibile con la normativa Ue sulla condivisione delle perdite?». In attesa di essere ascoltato oggi dalla Commissione Finanze il ministro dell’Economia, Pier Carlo Padoan, ieri da Berlino si è limitato a dire che «i soldi sono sufficienti». Mentre a garantire che «l’Italia rispetterà le regole» ci ha pensato, curiosamente, il suo omologo tedesco Wolfgang Schaeuble.

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