domenica 30 ottobre 2016

Per salvare le banche fallite ci vorranno 2 miliardi in più

Il costo del salvataggio delle quattro banche in default (PopEtruria, CariChieti, CariFe e BancaMarche) potrebbe salire ancora. E i correntisti, per colpa dell’inierzia del governo, rischiano di non avere difese contro la pioggia di rincari «compensativi» che alcuni istituti hanno già applicato.
Nelle pieghe della legge di bilancio approdata ieri pomeriggio in Parlamento dopo la «bollinatura» della Ragioneria generale dello Stato e il via libera del Capo dello Stato Sergio Mattarella, è spuntata una poco rassicurante norma che obbliga le banche a versare contributi addizionali «per la copertura di qualsiasi obbligazione, perdita, costo e qualsivoglia onere o passività a carico del Fondo comunque derivanti o connesse con l’esecuzione dei provvedimenti di risoluzione e con l’esigenza di assicurarne l’efficacia, anche in conseguenza di eventuali modifiche che dovessero essere apportate allo schema di risoluzione».

Si tratta di una interpretazione assai estensiva della norma contenuta nella finanziaria dello scorso anno (208/2015 comma 848) che presagisce ulteriori esborsi per le banche dopo i 2,35 miliardi già versati al Fondo di risoluzione nazionale e gli 1,8 miliardi coperti con la linea di credito di Intesa, Unicredit e Ubi. Il problema è chiaramente riconducibile al flop della vendita delle 4 good bank, che sono zeppe di sofferenze e nessuno vuole. I ricavi avrebbero dovuto rimpinguare il fondo, ma ora la prospettiva è che, invece di guadagnare, la cessione comporti ulteriori costi, tra garanzie sui crediti ed eventuali ricapitalizzazioni. C’è chi parla addirittura di 2 miliardi aggiuntivi. Di qui la correzione in corsa nella legge di stabilità, che da una parte obbliga le banche ad un nuovo salasso e dall’altra consente agli istituti di spalmare le perdite su cinque anni, previa determinazione di Bankitalia.
Il problema è che, come già avvenuto, buona parte dei sacrifici sarà scaricata sui clienti sottoforma di oneri aggiuntivi per la gestione dei conti correnti. E qui arriva la beffa. Il governo si è impegnato a garantire il futuro di Etruria & C., ma si è ben guardato ancora una volta dal tutelare i risparmiatori. Nel decreto popolari/investment compact del marzo 2015 era stato introdotto l’obbligo per le banche di consentire la portabilità del conto in 12 giorni, con indennizzi in caso di mancato adempimento. I decreti attuativi, però, non sono mai arrivati. La scorso agosto il viceministro dell’Economia, Luigi Casero, ha spiegato che la legge si è intrecciata con il recepimento di una direttiva Ue che ha reso difficile l’attuazione delle misure e che «si confida di poter addivenire in tempi previ all’elaborazione della norma in argomento». La sostanza è che la portabilità veloce ancora non c’è e le banche possono continuare a spremere i correntisti.

Per il resto, nel testo della manovra (che conferma tutte le principali misure) è comparsa la correzione della clausola di salvaguardia su voluntary e vendita delle frequenze, che ora prevede solo tagli di spesa dei ministeri e non più aumenti di tasse. Tra le novità, alcune precisazioni su ecobonus e bonus sisma: i crediti di imposta potranno essere ceduti ai fornitori o a soggetti privati, ma non a banche e istituti finanziari, creando qualche problema agli incapienti. Per quanto riguarda il pubblico impiego, le risorse a disposizione del fondo salgono da 1,4 a 1,9 miliardi per il 2017, anche se comprensive dei 300 milioni stanziati l’anno scorso, e da 1,85 a 2,63 miliardi a decorrere dal 2018. La manovra conferma la lotteria nazionale degli scontrini che gli acquirenti decideranno di trasmettere telematicamente  e sancisce la gara da100 milioni della concessione del Superenalotto.
Un po’ di polemiche, infine, hanno suscitato le norme che concedono ai «paperoni» che trasferiscono la residenza in Italia la possibilità di pagare per 15 anni un’imposta sostitutiva forfettaria di 100mila euro (25mila per i familiari) sui redditi prodotti all’estero. «Nessuno sconto sulle tasse», ha precisato il Mef, «si tratta di una misura tesa ad attirare imprenditori e manager qualificati».

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