Il terremoto, a differenza del fisco, si disinteressa del catasto. Distrugge tutto, senza curarsi di rendite, certificati di residenza, classamenti. Ma la natura è una cosa. La politica un’altra. Basta guardare il decreto varato ieri dal governo, che stanzia i primi 300 milioni per la ricostruzione dei territori colpiti, per capire che i proprietari di casa non sono mai tutti uguali. Neanche di fronte al terremoto. Il contributo pari al 100% dell’intervento di risanamento è destinato solo a 60 comuni del cratere. Chi ha subito danni al di fuori di questo elenco dovrà intanto dimostrare il collegamento con il terremoto. Poi, riceverà l’intera somma solo se si tratta di prima casa. Gli altri dovranno accontentarsi della metà. Sono gli stessi, guarda caso, rimasti a bocca asciutta anche col bonus sisma, che prevede la detrazione del 65% per i lavori di prevenzione e messa in sicurezza. La logica è difficilmente comprensibile. Le case di villeggiatura non crollano e non fanno vittime? O forse si pensa che il proprietario di una seconda abitazione, magari ereditata nel paesino d’origine, sia sempre in grado di sostenere le spese? Se così fosse, perché risarcire anche le seconde case dei 60 comuni più colpiti? L’unica risposta plausibile è che il governo si sia accorto dell’errore e intenda allargare i benefici ad ogni immobile. Ipotesi, ad oggi, tutta da verificare.
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