Trecentoventi euro al mese per un milione di poveri. Sarebbe questo, secondo quanto riferito ieri mattina da Repubblica e rilanciato in giornata dallo stesso ministro del Lavoro, il piano a cui sta lavorando Giuliano Poletti nell’ambito della legge delega per il contrasto al disagio sociale approvata qualche giorno fa.
Quello del reddito minimo è un tormentone intorno a cui la politica gira ormai da anni con grandi annunci senza mai, però, riuscire a produrre qualcosa di concreto. Tutti i piani, prima o dopo, si sono infatti scontrati con i livelli ingenti di risorse necessari alla realizzazione. Circa un anno fa l’Istat ha calcolato, ad esempio che per mettere in campo il progetto grillino del reddito di cittadinanza servirebbero almeno 15 miliardi. Ancora più costoso, 23,5 miliardi, il piano proposto da Sel.
Possibile che Matteo Renzi abbia finalmente trovato i soldi in una fase come questa di manovre in deficit e rimbrotti europei? Il trucco c’è. E si vede. Sono bastate poche ore per ridimensionare il progetto annunciato trionfalmente da Poletti, che poteva costare fino a 16 miliardi.
I tecnici del ministero hanno fatto trapelare in maniera ufficiosa, secondo quanto riportato dall’Ansa, che i 320 euro sarebbero riferiti ad una famiglia di 4 persone. In altre parole, si tratterebbe dei soliti 80 euro a testa mensili, come il bonus. La misura, che avrebbe un tetto massimo di 400 euro (per le famiglie numerose dunque si abbasserebbe la quota procapite) riguarderebbe in particolare le famiglie in una condizione di povertà assoluta (certificata dal solito Isee). Quelle che, secondo la definizione dell’Istat, non avrebbero le risorse per acquistare il paniere di beni e servizi considerato essenziale. Ma non tutte, almeno all’inizio. I destinatari dovrebbero essere nel complesso 280mila nuclei famigliari per un totale appunto di circa un milione di persone (compresi 550mila minori). Come si scelga il milione di fortunati non è chiaro. Il ministro indica come criterio la presenza di figli minori nel nucleo. Ma lo scorso luglio, quando sempre Poletti presentò l’iniziativa, il direttore generale per l’Inclusione e le politiche sociali del ministero del Lavoro, Raffaele Tangorra, spiegò che la proposta «è modulabile in base alle risorse: si può filtrare sia tenendo conto della dimensione del nucleo famigliare, come dei non autosufficienti a carico, o magari privilegiando le madri sole».
All’epoca si parlò di un costo a regime di 1,5 miliardi circoscrivendo la platea alle famiglie collocate sotto il 50% della soglia di poverta. Le risorse stanziate dalla legge di stabilità sono, però, 600 milioni per il 2016, che diventeranno 1 miliardo nel 2017.
In che modo sarà possibile, come dice Poletti, rendere l’aiuto strutturale per i 4,1 milioni di italiani in condizioni di povertà assoluta certificati dall’Istat? Un anno fa l’Alleanza contro la povertà in Italia (che riunisce le principali organizzazioni di volontariato come Caritas, Sant’Egidio, il mondo del terzo settore, l’Anci, la Conferenza delle Regioni e Confcooperative) aveva stimato per il Reis (reddito di inclusione sociale) un costo di 7,3 miliardi per circa 3,8 milioni di poveri. Ma l’assegno andava dai 322 euro al mese per le famiglie più piccole a 451 euro al mese. Facendo il calcolo con gli 80 euro promessi da Poletti, servirebbero comunque quasi 4 miliardi per tutta la platea. Se invece si restasse al milione basterebbe poco meno di un miliardo. Ed è questa probabilmente la strada su cui si muoverà alla fine il governo, in barba agli annunci.
La misura si chiamerà Ria (reddito di inclusione attiva), non sarà «automatica» e sarà collegata ad un programma in base a cui il cittadino «si impegna ad entrare in un determinato percorso, mandando i figli a scuola, accettando i lavori che gli vengono proposti ed eventuale formazione professionale». Messa così, il Ria somiglia da vicino al Sia (Sostegno per l’inclusione attiva) varato dal governo Letta e già attivo in via sperimentale in molte regioni italiane grazie ad uno stanziamento abbastanza esiguo di 130 milioni derivante dalle risorse del Fondo sociale europeo (1,7 miliardi fino al 2020).
Questi soldi confluiranno nel nuovo Ria. «Alle risorse previste dalla Legge di Stabilità, aggiungiamo quelle del Sia dell’anno precedente», ha detto Poletti. In aggiunta, secondo Renzi, arriveranno anche 100 milioni l’anno dalle Fondazioni. Cifre che non bastano comunque ad allargare la platea. Per quello sarà necessario utilizzare le risorse che arriveranno dai tagli, già annunciati, alle prestazioni sociali e alle pensioni di reversibilità, la cui «razionalizzazione» è prevista dalla stessa legge delega. Metti da una parte, togli dall’altra.
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