venerdì 5 febbraio 2016

La Ue: Renzi stai sereno. Ma i numeri non tornano

Si fa sempre più stretto il pertugio dentro il quale Matteo Renzi cercherà di far passare gli sconti di Bruxelles sul bilancio dello Stato. Sul piano formale le tensioni dei giorni scorsi sembrano superate. I toni sono distesi. Le parole morbide. Illustrando le previsioni invernali sui conti pubblici dei Paesi Ue il commissario Pierre Moscovici ha spiegato che «lo spirito di dialogo e compromesso deve sempre prevalere». Per questo Bruxelles esaminerà le richieste italiane sulla flessibilità «con pazienza, molto serenamente, molto obiettivamente, molto metodicamente». Quanto alle polemiche, è colpa della stampa che fa «confusione» e lo accusa di «schizofrenia». Malattia, ha detto Moscovici, «di cui non credo di soffrire».

Anche il falco Jyrki Katainen, vicepresidente della Commissione, ha tenuto a sottolineare i «buoni rapporti» con il nostro Pier Carlo Padoan, dicendo di voler «incoraggiare il governo ad andare avanti sulla strada delle riforme».
Ma la sostanza cambia poco. Moscovici ha ricordato nuovamente, come il «governo sa o dovrebbe sapere», che «l’Italia è già il solo paese dell’Eurozona a beneficiare, per una cifra non trascurabile, della clausola di flessibilità per le riforme strutturali, ed è il solo paese che può beneficiare, ma bisogna vedere le condizioni, della flessibilità per investimenti». Oltre a questo, ha proseguito il commissario, il nostro Paese ha chiesto altra flessibilità aggiuntiva sulle riforme, sull’immigrazione, sulla sicurezza e sulla cultura. Ma l’Europa ha delle «regole chiare» e un «calendario». Sulla base di questi elementi «ben conosciuti», a maggio, sarà presa una decisione.

Ancora più diretto, com’è nel suo stile, Katainen. «Le regole di bilancio», ha detto, «servono a mantenere la stabilità di bilancio e l’Italia ha delle sfide di fronte a sè. Quindi se continuerà ad avere un deficit così alto e non rientrerà del debito si troverà in una situazione molto fragile e non credo che ci sia ulteriore spazio di manovra per rendere le regole ulteriormente flessibili». Anche perché «se andassimo troppo oltre vorrebbe dire che non ci sono più regole».
Ma più che le parole, a ridurre i margini del governo ci sono i numeri. Quelli snocciolati ieri dalla Commissione (che fra l’altro prevede rischi per la crescita di tutta l’Eurozona, accresciuti dalla crisi di Schengen) non consentono di essere ottimisti. Il ministro dell’Economia ha spiegato che i «conti sono sotto controllo», che sul debito non c’è alcun «richiamo» e che le cifre non si discostano molto dalle previsioni del governo.

Quei decimali rivisti al ribasso dalla Ue, però, non sono così trascurabili come Padoan vuole far credere. La crescita per il 2016, intanto, è prevista all’1,4% contro l’1,6% del governo. Così come il deficit/pil, che sarà al 2,5% per Bruxelles, al di là anche dell’asticella alzata dal governo dal 2,2 al 2,4% con la clausola migranti.
Ma il nodo vero riguarda il debito, su cui sono concentrate le principali preoccupazioni dell’Europa. Rispetto ad una discesa dal 132,8 del 2015 al 131,4% del 2016, Bruxelles prevede una lieve diminuzione dal 132,8 al 132,4%. Il che significa che le raccomandazioni della Commissione relative alla regola del debito non sono state rispettate. Una violazione che balza agli occhi scorrendo la linea del saldo strutturale (l’indebitamento al netto delle componenti straordinarie e del ciclo economico). Il valore passa infatti da -1 a -1,7% (rispetto ad un più innocuo -0,7% previsto dal governo). Si tratta di un peggioramento dello 0,7% laddove invece dalla Ue veniva chiesto un miglioramento dello 0,1%.

Tutto fa pensare che i giochi siano finiti e che l’esecutivo sarà costretto a tirare pesantemente la cinghia già nel Def per il 2017-2019. Il governo, però, continua a negare che verrano messe le mani nelle tasche degli italiani. Anzi, Padoan si è addirittura azzardato ad anticipare che con la manovra di fine anno conta «di sterilizzare le clausole di salvaguardia per il 2017». Si tratta di 15 miliardi che, aggiunti ai tagli del deficit che Bruxelles imporrà al nostro Paese fanno salire il conto a 25-30 miliardi. Tutt’altra la versione di Via XX Settembre, secondo cui la previsione del deficit/pil all’1,1% per il 2017 (la Ue stima l’1,5%) incorpora sia le clausole sia il taglio dell’Ires. Quindi il conto non sarà molto salato. Fiducioso anche il viceministro dell’Economia, Enrico Morando, secondo cui «al momento le previsioni non cambiano».
Promesse che potrebbero essere messe in discussione già tra qualche giorno, quando la Ue pubblicherà il rapporto sui Paesi con squilibri macroeconomici eccessivi. L’Italia era tra i sorvegliati speciali e il warning formale è tra le opzioni sul tavolo.

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