Scarsa trasparenza, elevata complessità, costi occulti. Gli ingredienti per l’ennesima trappola ai danni dei risparmiatori ci sono tutti. Solo che questa volta la minaccia non arriva dalle banche, ma dalle assicurazioni, che da qualche anno stanno inondando i clienti di polizze finanziarie ad alto rischio. Sulla carta le “unit linked”, così chiamate perché i rendimenti non derivano dalla gestione separata delle compagnie, ma dall’andamento dei fondi a cui sono collegate, sono l’uovo di Colombo. I clienti ottengono guadagni impensabili con le tradizionali polizze, le società possono ripulire i bilanci (le linked non richiedono coperture) in vista dei nuovi vincoli patrimoniali di Solvency II. Di qui l’enorme successo sul mercato. Solo nel 2015 la raccolta è stata di 30 miliardi (erano 12,6 nel 2013), con una crescita del 49% sul 2014 e un’incidenza sul ramo Vita del 30%.
Al di là delle classificazioni, però, le unit linked sono prodotti finanziari a tutti gli effetti. E, come tali, soggetti a diversi livelli di rischio che i clienti dovrebbero conoscere e valutare. Queste valutazioni vengono fatte prima dell’investimento? Le autorità di controllo non sembrano così sicure. Nel rapporto pubblicato a fine anno dall’Eiopa (l’authority europea del settore assicurativo) si legge che le compagnie stanno «spostando i rischi su contraenti e beneficiari», ma «i consumatori hanno spesso difficoltà a capire sia quali sono i rischi che corrono, sia il livello delle garanzie e degli oneri». Frasi da tenere bene a mente quando, tra qualche anno, come è accaduto per i bond subordinati diventati carta straccia, ci diranno che i consumatori erano stati avvertiti e che i rischi erano noti.
Anche la nostra Ivass sembra ben consapevole dei problemi legati alle unit linked. Soprattutto nella forma più insidiosa delle polizze ibride o multiramo, dove si mescolano prodotti tradizionali del Vita (garantiti) ai nuovi prodotti di tipo finanziario (con rischio di investimento).
Ma le contromisure, per ora, si limitano ad uno scarno vademecum di una paginetta per aiutare i clienti a non restare intrappolati. I «consigli» contenuti in un comunicato diffuso la settimana scorsa, in attesa di «comprendere meglio la struttura delle polizze e le modalità di vendita», la dice lunga sul grado di pericolosità di questi prodotti. Oltre al suggerimento di «leggere bene, a casa, il fascicolo informativo» e di «valutare il livello di rischio che si è disposti ad assumere», l’authority delle polizze guidata dal dg di Bankitalia, Salvatore Rossi, mette in guardia anche sui trucchi, evidentemente legali, delle compagnie. Parole come «capitale protetto, protezione fino al 90%, sembrano indicare che l’impresa si impegna a restituire tutto o parte del capitale investito. In realtà questi termini non equivalgono ad una garanzia effettiva, ma esprimono solo un obiettivo della gestione finanziaria».
Occhio, infine, ai costi. Gli oneri delle linked arrivano a cascata sul cliente partendo da quelli relativi alla gestione dei fondi sottostanti e sono praticamente impossibili da calcolare. L’Ivass consiglia di guardare i costi «medi» obbligatoriamente indicati nel prospetto. Se sono più elevati del rendimento, significa che si va incontro ad una perdita certa.
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