domenica 28 febbraio 2016

Petrolio a 30 dollari? Buco da 2 miliardi per Renzi

Secondo quanto dichiarato ieri dal ministro dell' Energia russo, Alexander Novak, «in mancanza di un accordo sulla diminuzione della produzione i prezzi bassi del petrolio potrebbero durare fino al 2017». Se così fosse, Matteo Renzi avrebbe un' altra bella gatta da pelare in vista degli impegni presi con l' Europa. Sul piatto c' è infatti un buco potenziale di circa 2 miliardi che potrebbe facilmente mettere a rischio il già fragile equilibrio dei conti pubblici.

Il calo del greggio, seppure con i tempi differiti dovuti alle dinamiche della filiera della distribuzione al dettaglio dei carburanti, si è ormai ampiamente trasferito alle pompe di benzina. Già nel 2015, nonostante una crescita dei consumi dello 0,9%, la spesa degli utenti, secondo i dati forniti dal Centro studi Promotor, è calata dell' 11,4% a quota 55,5 miliardi di euro. La flessione è proseguita, intensificandosi, nell' anno in corso, dove al calo dei carburanti si è aggiunta anche (complice un rallentamento dell' economia) una nuova contrazione dei consumi. Le quantità acquistate alla pompa a gennaio sono calate del 6,3% per la benzina e del 2,5% per il gasolio, con una diminuzione complessiva del 3,6%.

L' effetto combinato dei minori consumi e del greggio che viaggia sui 30 dollari ha provocato, nel solo mese di gennaio una contrazione della spesa per benzina e gasolio del 12,1%, dai 4 miliardi del 2015 ai 3,59 del 2016.
La dinamica, per una volta, non vede i cittadini penalizzati. Anzi. Nel 2015 la diminuzione dei prezzi ha permesso agli italiani di risparmiare ben 7,1 miliardi rispetto al 2014, malgrado un utilizzo maggiore di auto e moto. Per il mondo delle imprese il fenomeno è a doppio taglio. Da una parte c' è l' industria automobilistica, che ha potuto festeggiare consistenti aumenti delle immatricolazioni, dall' altra c' è l' industria petrolifera e la distribuzione, che hanno invece dovuto subire un calo dei ricavi dai 26,5 miliardi del 2014 ai 20,5 del 2015. Ma tra chi scorre gli indici del greggio con terrore c' è anche il governo.

Sui carburanti lo Stato guadagna sempre. Le imposte rappresentano fino al 68% (per il gasolio è il 64%) del prezzo finale e una quota consistente è dovuta alle accise, che si applicano a prescindere dal valore della materia prima.
L' elenco grottesco dei 18 balzelli è noto. Si va, in ordine di tempo, dal finanziamento per la campagna d' Etiopia introdotto nel 1935 fino al contributo per il terremoto dell' Emilia del 2012, passando per alluvioni, guerra, cataclismi, immigrati e semplici esigenze di cassa (il decreto Salva Italia di Monti).
Ma una parte delle tasse che lo Stato incamera attraverso la vendita dei carburanti arriva dall' Iva al 22% (che si applica paradossalmente anche sulle accise). E qui il prezzo della materia prima fa la differenza.

Lo scorso anno, sempre secondo i calcoli del Centro studi Promotor, la discesa del greggio ha provocato un calo del gettito per l' erario di ben 1,1 miliardi. L' asticella si è abbassata dai 36,1 miliardi del 2014 ai 35 del 2015. Quest' anno, se la situazione non cambia, le cose potrebbero andare molto peggio. Al calo del greggio, come dicevamo, si è infatti aggiunto il freno della crisi, che sta assottigliando i consumi. Il risultato è stato un duro colpo per l' industria petrolifera e i distributtori, che a gennaio hanno visto i proventi scendere dagli 1,46 miliardi del 2015 a 1,12, con un calo del 23%. Ma la botta è arrivata pure per le casse dello Stato. Il gettito derivante dall' accisa e dall' Iva incorporate nel prezzo alla pompa è infatti sceso dai 2,62 miliardi del gennaio 2015 ai 2,46 miliardi del gennaio scorso, con una perdita secca per l' erario del 6,1%.
In valori assoluti si tratta di 159 milioni di euro che, moltiplicati per i 12 mesi dell' anno, fanno 1,9 miliardi di euro. La perdita, insomma, sarebbe quasi doppia rispetto allo scorso anno. E potrebbe di fatto vanificare i vantaggi della clausola immigrati, peraltro ancora al vaglio della Commissione europea.

Non è un caso, probabilmente, che il premier abbia più volte smentito nelle ultime settimane che il calo del greggio rappresenti una carta da giocare per l' Italia, preferendo piuttosto puntare il dito sui possibili rischi geopolitici derivanti dalla guerra del petrolio. Qualcuno, a Via XX Settembre, deve essersi fatto due calcoli.
twitter@sandroiacometti riproduzione riservataIl barile low cost Nuova grana per l' Erario: la discesa del prezzo dei carburanti (e dei consumi) rischia di creare una mega perdita del gettito IvaPetrolio a 30 dollari? Buco da 2 miliardi per Renzi.
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