domenica 7 febbraio 2016

Il sogno delle Fs in Borsa slitta di almeno due anni

Per il nuovo piano industriale delle Fs ci vorrà ancora qualche mese. Come ha già detto più volte, Renato Mazzoncini vuole aspettare che si definisca il quadro regolatorio del trasporto pubblico locale. Ma il manager sbarcato a novembre dalla controllata Busitalia alla guida del colosso pubblico dei binari ha già le idee molto chiare sulle priorità per rilanciare il gruppo. E tra queste, a differenza di quello che si potrebbe pensare dopo il blitz renziano sui vecchi vertici e le necessità economiche del governo, non c’è affatto la privatizzazione.

Che il traguardo del 2016 (inizialmente era il 2015) indicato ufficialmente da Via XX Settembre fosse saltato lo si era già capito. A quanto pare, però, neanche il 2017 sarà l’anno buono. Mazzoncini, secondo quanto risulta a Libero, avrebbe un orizzonte temporale per la quotazione in Borsa che oscilla dal 2018, data che è considerata ancora rischiosa, al 2020, che consentirebbe ad Fs di affrontare l’operazione in sicurezza.
Il ragionamento del neo ad è semplice. Ad oggi l’unica divisione che ha i numeri per il collocamento è l’alta velocità, che ha una redditività (Roi, Return on investment) di circa il 10%. Ma il gruppo ha ancora un Roi poco sopra l’1% e Trenitalia poco sopra il 4%. Per andare in Borsa con tutta la holding, assioma indiscutibile per Mazzoncini (come per i suoi predecessori) bisogna trainare tutti i comparti (passeggeri, tpl e merci) almeno ad una soglia del 6%.

Il primo passo della scalata riguarda il settore cargo, su cui Mazzoncini ha già predisposto un piano illustrato sia al cda sia ai sindacati, che il manager vuole siano maggiormente coinvolti nelle strategie del gruppo. Il progetto, ricalcato in parte su quello a cui stava lavorando l’ex ad Michele Elia, prevede l’accorpamento delle tre società oggi impegnate sul comparto (Fs logistica, Tx Logistics e Trenitalia Cargo) sotto un’unica sub-holding creata ad hoc per gestire tutto il polo logistico. L’idea di base, come si legge nel piano, è che « si vince tutti insieme e si viene valutati nell’insieme». Il manager ha già ottenuto il mandato del board per avviare l’iter autorizzativo per la creazione di una nuova impresa ferroviaria. Dopo l’accordo con i sindacati, per la riallocazione delle eccedenze e il riassetto societario, si procederà all’ottenimento della licenza e dei certificati di sicurezza.
L’obiettivo è quello di consentire al Polo di «autosostenersi sia economicamente che finanziariamente» attraverso una crescita soprattutto nel mercato europeo, dove oggi le Fs (che sul merci complessivamente fatturano 1 miliardo di euro, con perdite per 120 milioni) pesano solo per lo 0,25%. Una fettina marginale di una torta che, secondo le stime contenute nel piano di Mazzoncini, vale circa 400 miliardi con una crescita attesa dell’1% per i prossimi 10 anni.

Il primo step è il breakeven operativo e l’equilibrio economico nel 2018. I target al 2020 sono, invece, ricavi oltre gli 1,2 miliardi, un ebitda all’11%, un ebit al 3,8% e un Roi al 6%. Il piano prevede investimenti per 500 milioni finalizzati «al piano di ammodernamento e di ricondizionamento del materiale rotabile» e un efficientamento complessivo della macchina sul fronte dei costi, della produttività e della razionalizzazione.
Sul piano commerciale, l’attuale «sfilacciamento» verrà aggredito creando un coordinamento a livello di Polo «che dovrà superare le attuali strutture per orientare gli sviluppi del business, individuare possibili sinergie e allargare l’offerta».

© Libero