venerdì 26 febbraio 2016

Il solito Tar vuole "imbustare" Poste

Le sentenze del Tar «non creano problemi». Così lo scorso dicembre Francesco Caio commentava le decisioni dei tribunali amministrativi che avevano stoppato la chiusura di alcuni piccoli uffici postali. Il duello con i Comuni, però, inizia a diventare più spigoloso del previsto. Ieri anche la Toscana, con una clamorosa sentenza pilota, si è candidata ad uscire dalla mappa dei tagli prevista dall’ad di Poste. Lasciando intendere che i «problemi» potrebbero diventare nazionali. Fino a trasformarsi nella solita, insormontabile montagna di carte bollate che prima o poi, in Italia, blocca ogni tentativo di modernizzazione.

Nessuno dei 455 sindaci coinvolti dal piano di razionalizzazione del manager sembra disposto a rinunciare ai suoi postini personali, anche se gli abitanti si contano sulle dita. Il caso apripista è del marzo 2015, ancora prima dell’avvio della spending review decisa da Caio. Il contenzioso tra Poste e la minuscola frazione di Castelruggero (comune di Torre Orsaia nel salernitano), arrivato sul tavolo del Consiglio di Stato, si è concluso con l’affermazione del principio secondo cui «la chiusura degli uffici postali nei piccoli centri non può essere decisa senza tenere nel debito conto le distanze e la fruibilità del servizio e se la chiusura non è ben motivata in rapporto ai disagi arrecati».

Poi, lo scorso ottobre, è stato il turno del piccolo comune di Olevano di Lomellina, in provincia di Pavia, che ha ottenuto dal Tar della Lombardia il blocco della chiusura parziale (tre giorni a settimana) dell’ufficio, poiché la giustificazione addotta da Poste «risulta disancorata da qualunque esplicitazione di fatti riferibili al caso di specie, tanto da ridursi ad una mera clausola di stile». Lo scorso dicembre, infine, il Tar del Lazio ha disposto la riapertura del piccolo ufficio del comune di Bosco Marengo, in provincia di Alessandria. Caio, abituato a gestire grandi multinazionali e a trattare con la giustizia anglosassone, per ora non si è scomposto. E ha puntualmente presentato i suoi ricorsi al Consiglio di Stato. Il fronte dei sindaci e dei giudici amministrativi, però, si ingrossa.

A frenare il piano dell’ad è arrivata pure la Toscana di Matteo Renzi. Il Tar ha riconosciuto legittime le proteste del primo cittadino di Monticello dell’Amiata, frazione del comune di Cinigiano, nel grossetano, circa 400 abitanti. Creativa  la motivazione. «Abbiamo annullato il provvedimento», ha spiegato il presidente del tribunale Armando Pozzi, «senza scomodare i sacri principi dell’universalità della comunicazione e della spending review, ma per un semplice motivo: Poste, dopo aver emanato gli avvisi di chiusura, aveva detto di volerci vedere chiaro, impegnandosi ad intavolare una serie di incontri conoscitivi con i rappresentanti delle amministrazioni. L’ha detto ma non l’ha fatto, si è trattato di una promessa da marinaio». A sostegno della decisione, sul piano giuridico, ci sarebbe una delibera dell’Agcom che prevede il confronto preventivo con i Comuni. Appiglio che potrebbe rivelarsi fastidioso per il gruppo da poco sbarcato in Borsa. Il 6 aprile e il 18 maggio il Tar si pronuncerà su altri ricorsi. E sul piatto ci sono ben 57 uffici. Per il presidente di Anci Toscana, Matteo Biffoni,  alla fine «Poste li dovrà tenere tutti aperti». Alla faccia di un Paese che dovrebbe cambiare.

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