sabato 5 settembre 2009

Tremonti sblocca 18 miliardi per le aziende

Ci sarà ancora da aspettare qualche giorno, ma già la prossima settimana il lunghissimo braccio di ferro tra Pubblica amministrazione e imprese potrebbe finalmente vedere la fine. Il Tesoro avrebbe infatti quasi finito il lavoro di ricognizione per sbloccare una sostanziosa fetta dei debiti della Pa verso le aziende. Si tratta di circa 18 miliardi stanziati nell’ultimo assestamento di bilancio. Il termine previsto dal decreto anticrisi per definire le procedure scadeva ieri, ma fonti governative assicurano che la firma di Tremonti al provvedimento arriverà in tempi brevissimi. Per un curioso meccanismo contabile è possibile che vengano liquidati prima i debiti più recenti rispetto a quelli prescritti che devono essere di nuovo iscritti a bilancio prima di poter essere estinti. In ogni caso, si tratta di un bel po’ di risorse per le imprese. Ossigeno prezioso in vista dell’autunno caldo sul fronte dell’occupazione, che malgrado i segnali di ripresa dell’economia continua a calare. Ieri a fare i conti con gli effetti della crisi è toccato agli Stati Uniti. Il dato sui senza lavoro ad agosto è salito al 9,7%, contro il 9,5 previsto. È il livello più alto dal giugno 1983.
Non è un caso che sempre ieri il Fondo monetario internazionale abbia messo in guardia i governi da mosse troppo avventate, magari sull’onda dell’entusiasmo per i primi segnali di ripartenza. «Vista la fragilità delle prospettive di ripresa», ha detto il direttore generale dell’Fmi, Dominique Strauss-Khan, «sussiste il concreto pericolo che i Paesi portino a termine prematuramente le politiche fiscali e monetarie straordinarie adottate per contrastare la recessione». Fra i rischi menzionati da Strauss-Khan c’è proprio quello della disoccupazione, che continuerà ad aumentare fino al prossimo anno.
Anche di questo si parlerà oggi al G20 di Londra. I ministri finanziari e i banchieri centrali riuniti per la due giorni in Inghilterra hanno confermato che la caduta dell’attività economica è finita e che ora si ragiona sulle exit strategy, sui piani per ridurre gradualmente gli stimoli fiscali. Ma l’avvertimento del Fmi, che arriva dopo quelli dei giorni scorsi di Ocse e fed, è più che condiviso. Prima di fare scattare l’operazione, è l’opinione comune, occorre aspettare che la ripresa prenda solidamente piede in modo omogeneo.
A tenere banco al vertice londinese sarà però la questione bonus. Sul tema saranno costretti ad incrociare le loro strade anche i duellanti Mario Draghi e Giulio Tremonti. Se al Meeting di Rimini c’è stato il tempo e lo spazio per un confronto a distanza, a Londra i due dovranno non solo frequentare contemporaneamente le stesse stanze, ma addirittura collaborare. Già, perché per quante legnate il ministro possa somministrare a questo o quel convegno, la crociata di Tremonti e dei leader europei contro i bonus dei banchieri dovrà alla fine passare per il governatore di Bankitalia. Sarà infatti il Financial stability forum da lui presieduto, sulla base dell’accordo raggiunto ad aprile dai Paesi del G20, a scrivere le nuove regole della finanza, comprese le limitazioni agli stipendi e ai premi dei vertici delle banche.
Al di là degli appelli condivisi, una posizione comune è ancora lontana. La lettera firmata da Sarkozy, Merkel e Brown si limita infatti a chiedere di «esaminare i mezzi per limitare l’ammontare delle remunerazioni variabili nelle banche sia in proporzione alle remunerazioni totali sia in funzione dei profitti e/o del reddito». Ben più dura l’impostazione tremontiana contenuta nel documento firmato, oltre che dal ministro dell’Economia, da Francia, Svezia, Olanda, Lussemburgo, Spagna e Germania. Qui si dice chiaro e tondo che i bonus ai banchieri «sono abitudini non solo pericolose, ma scorrette, spregiudicate e inaccettabili» e rappresentano «una provocazione davanti alla disoccupazione in aumento». Nella lettera i sette ministri dell’Economia auspicano la possibilità di «mettere un tetto ai bonus, sottoporli a tassazione e imporre ulteriori obblighi alle banche». Molto più cauta la posizione di Londra, che ieri sera ha subito messo le mani avanti.
Il Cancelliere dello Scacchiere, Alistair Darling, ha detto che la Gran Bretagna è disposta a lavorare con gli altri Paesi per irrigidire le regole sulle retribuzioni dei banchieri, ma aggiunto che l’accordo deve essere globale. «I francesi» ha spiegato, «hanno proposto il tetto ai bonus. Personalmente non credo che sia una proposta realistica». E un freno arriverà oggi anche dagli Stati Uniti. Non a caso ieri il governatore di Bankitalia, nel corso di una serie di incontri bilaterali, ha passato molto tempo con il segretario al Tesoro Usa, Tim Geithner, favorevole ad una linea più morbida sugli stipendi. La questione è all’ordine del giorno dei lavori di oggi, dopo gli incontri informali di ieri e la cena di benvenuto. L’obiettivo è quello di arrivare a fine mese con una posizione unitaria sui vari punti. E proprio in questa ottica è stata fissata per il 17 settembre a Bruxelles un’altra riunione, questa volta con capi di Stato e di governo dell’Ue.

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