giovedì 17 settembre 2009

Il Lingotto vuole altri incentivi. «Senza lo Stato, auto a picco»

Secondo alcuni negli ultimi 30 anni lo Stato avrebbe già “regalato” alla Fiat, tra rottamazioni, incentivi, cassa integrazione e contributi vari, qualcosa come 100 miliardi di euro. Secondo altri aiutare la Fiat significa aiutare il Paese. Sta di fatto che Sergio Marchionne è tornato a battere cassa. E che il governo, per bocca di Claudio Scajola, ha detto che si può fare. L’allarme lanciato dall’ad del Lingotto non è una sorpresa. Il manager aveva già sostenuto la necessità di prorogare gli incentivi pubblici per l’auto a tutto il 2010 dopo i risultati del secondo trimestre, dove era emerso chiaramente che la crescita del gruppo in Europa si deve in gran parte all’effetto degli aiuti messi in campo da molti governi.

Ieri, dal salone dell’auto di Francoforte, Marchionne è ripartito all’attacco profetizzando che senza il prolungamento degli incentivi «sarà un disastro». Non per la Fiat, ma per il Paese. La decisione spetta al governo, ha aggiunto, «ma non rinnovarli avrebbe un impatto piuttosto disastroso sul livello occupazionale in Italia». Anche perché se è vero che «il 2010 sarà meglio del 2009», il mercato dell’auto «tornerà ai livelli precrisi solo nel 2012-2013». Una minaccia difficile da snobbare, soprattutto nel giorno in cui l’Ocse ha diffuso previsioni catastrofiche sull’aumento della disoccupazione, sostenendo che in molti Paesi della Ue, tra cui l’Italia, «il peggio deve ancora arrivare». Lo scenario è un balzo al 10,5% (rispetto all’attuale 9,4) alla fine del 2010.

Tanto è bastato al ministro dello Sviluppo per accogliere a braccia aperte l’appello di Marchionne. La prosecuzione degli incentivi, ha spiegato Scajola, «è una cosa auspicata e auspicabile», anche se «è prematuro parlarne». Per il ministro «gli aiuti al settore dell’auto hanno dato risultati molto soddisfacenti» e quando ci saranno i dati finali a novembre si valuterà «di concerto con gli altri Stati della Ue» se procedere con il rinnovo.

A parte chiedere altre risorse ai contribuenti, Marchionne non ha però voluto scoprire alcuna carta, né sul piano industriale di Chrysler, né sulle prospettive finanziarie dell’azienda, né, in particolare, sul destino degli stabilimenti italiani. Un capitolo, ha spiegato, che si potrà affrontare solo a novembre, dopo che sarà presentato il piano industriale della casa americana. E, probabilmente, dopo che saranno sciolte le riserve sugli incentivi. L’unica cifra che Marchionne ha snocciolato con decisione è quella dei 6 milioni di vetture prodotte. Un obiettivo che il manager continua a ritenere indispensabile per la sopravvivenza del gruppo e che potrà essere raggiunto senza ulteriori alleanze. Sui conti l’ad si è limitato ad assicurare che tutti gli indicatori sono in linea con le previsioni.

In effetti, i dati diffusi nei giorni scorsi da Acea hanno confermato il rimbalzo delle vendite, che ad agosto hanno segnato in Italia un +8,5% (+3% in Europa). Con una quota di mercato del Lingotto che nella Ue occidentale dall’inizio dell’anno è salita al 9%. Ma la situazione non è così tranquilla come sembra. Nel Vecchio Continente le vendite sono evidentemente trainate dagli incentivi. E in America gli esperti prevedono un settembre nero per Chrysler, con un tonfo delle vendite addirittura del 30% (rispetto al -19% previsto per il mercato). Le cose sembrano andare meglio sul piano finanziario, dove qualche giorno fa Fiat ha festeggiato l’emissione di un altro bond a cinque anni da 1,25 miliardi con richieste che avrebbero raggiunto gli 8 miliardi di euro. Ma le obbligazioni del Lingotto continuano ad avere rating junk (spazzatura) e gli alti interessi pagati sui prestiti (poco sotto l’8%) restano ancora uno strumento molto costoso per tenere sotto controllo il debito del gruppo.

libero-news.it