lunedì 7 settembre 2009

Il Pil riparte, l’occupazione no. Solo la sanità assume ancora

Sono i primi a scendere dal treno, gli ultimi a risalire. Così, oltre al danno di essere messi alla porta senza troppe cerimonie, ora gli tocca anche la beffa di sentirsi ripetere da ogni parte che la crisi è finita. Per loro, per i lavoratori, il peggio sembra appena iniziato. Secondo i sindacati ci aspetta un autunno in grado di produrre un milione di disoccupati solo in Italia. Stime un po’ catastrofiste che però non si discostano molto da quelle ufficiali. A luglio scorso il tasso di senza lavoro in Eurolandia è cresciuto dal 9,4 al 9,5%, raggiungendo il livello più elevato dal maggio 1999. Negli Usa la percentuale ha toccato la cifra record del 9,7%. In Italia, nel primo quadrimestre del 2009, siamo al 7,4%, ma Confindustria prevede l’8,6% alla fine dell’anno e il 9,3% nel 2010. I dati dimostrano che c’è una sfasatura tra economia, da cui emergono segnali di speranza, e mondo del lavoro, dove le prospettive sono cupe. Secondo il Chief economist dell’Fmi, Olivier Blanchard, non c’è nulla di anomalo. «Le previsioni di crescita», spiega, «sono basate su una combinazione di stimoli di bilancio e ricostituzione delle scorte da parte delle imprese, invece che su consumi privati forti e spese per investimenti in beni capitale. Prima o poi, gli stimoli di bilancio dovranno essere gradatamente ridotti, e anche la ricostituzione delle scorte terminerà». Quindi, «la crescita non sarà abbastanza forte da ridurre la disoccupazione».
La banca si salva
Ma chi saranno le vittime di questa bomba a scoppio ritardato? Coloro che hanno ancora nella mente le immagini dei funzionari della Lehman che uscivano dagli uffici a testa bassa con gli scatoloni in mano, risponderebbero senza esitazioni i lavoratori del settore finanziario. Del resto, è da lì che è partita la crisi globale. In realtà, a parte il colosso Usa e pochi altri piccoli istituti, le banche non hanno affatto chiuso bottega. Anzi, come dice Tremonti, la maggior parte dei soldi pubblici è servita proprio a puntellare il mondo del credito. Il risultato, secondo i dati del sistema informativo Excelsior di Unioncamere, è che a fronte di un calo complessivo dell’occupazione nel 2009 dell’1,9%, le banche, le assicurazioni e i servizi finanziari subiranno una contrazione solo dell’1,2%. Molto peggio vanno i trasporti (-2,5%), il turismo (-1,9%) e il commercio all’ingrosso (-1,9%). La verità è che il colpo più duro è quello inferto all’industria (-2,6%) e alle costruzioni (-2,7%), con picchi che riguardano il tessile e l’abbigliamento (-3,5%), i beni per la casa (-3,2%), i mobili, il metallurgico e le materie plastiche (-2,7%). Si tratta, in sostanza, delle attività del manifatturiero più legate al made in Italy e all’export, due settori fortemente colpiti dalla recessione internazionale. Sorprendente l’invulnerabilità della sanità privata, unico settore in crescita (+0,3%).
I lavori anti-crisi
Un altro fenomeno che balza agli occhi, questo più scontato, è che a fare le spese della crisi saranno principalmente gli operai e il personale non qualificato, con un calo del 2,4% (pari a 160mila unità). Un dato significativamente più elevato rispetto a quanto atteso per i livelli dirigenziali (-1,6%) e impiegatizi (-1,1%). Inutile dire che la contrazione più forte colpirà le piccolissime imprese, con meno di 10 dipendenti. Complessivamente le previsioni per il 2009 parlano di circa 250mila persone che resteranno senza posto.
Qualche spiraglio, però, c’è. Si tratta dei cosiddetti lavori anticrisi che riescono a sfuggire ai contraccolpi del ciclo economico. Nel campo delle figure professionali qualificate, secondo i dati di Unioncamere, in cima alla lista dei lavori più richiesti nei prossimi mesi ci sono ovviamente gli infermieri e i fisioterapisti, ma anche gli addetti al marketing. Per quanto riguarda le occupazioni senza specializzazione, secondo la Cgia di Mestre, i mestieri più gettonati dell’autunno saranno quelli di commesso, addetto alle pulizie, muratore e carpentiere.

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