L’ambiente non è proprio al centro del programma dei grillini. Scorrendo i 20 punti del programma del movimento, per trovare un riferimento all’ecologia bisogna scendere fino alla quindicesima posizione, dove si legge «Green economy: Italia 100% rinnovabile», con la promessa di 200mila posti di lavoro da economica del riciclo di rifiuti e di 17mila posti di lavoro per ogni miliardo investito in rinnovabili ed efficienza energetica.
Ma un generale dei carabinieri che ti dà la sua disponibilità non si trova tutti i giorni. E poi Luigi Di Maio doveva rimediare al più presto alla gaffe del Quirinale di qualche giorno fa, visita a sorpresa con cui sperava di avere la benedizione di Sergio Mattarella e che si è invece conclusa con il benservito del segretario generale Ugo Zampetti, senza neanche un saluto veloce al Capo dello Stato.
L’ASSO NELLA MANICA
Così, ieri, intervenuto insieme ad Alessandro Di Battista alla trasmissione In mezz’ora di Lucia Annunziata, il candidato premier del M5S ha deciso di calare l’asso. «Questa sarà la settimana in cui il Movimento 5 Stelle presenterà la sua proposta di ministri al presidente della Repubblica», ha premesso. Subito dopo, il colpaccio: «Io vengo dalla Terra dei fuochi e credo che il ministero dell’Ambiente sia un ministero centrale» e per questo ruolo «la nostra proposta è il generale dei carabinieri Sergio Costa, un uomo dello Stato che si è distinto nella lotta ai crimini ambientali».
Una bufala? Una fake news? Tutt’altro. A stretto giro è arrivata la conferma del diretto interessato. Il militare ha fatto sapere che da adesso «fino a martedì 6 marzo sarà in licenza per mantenere il profilo istituzionale più corretto». Il nome, che serve anche al movimento per recuperare un po’ di terreno sul fronte della legalità, è una vecchia conoscenza delle strutture operative campane impegnate contro le ecomafie, ma anche dello stesso Di Maio, che già nel 2013, quando il candidato ministro era comandante regionale del Corpo forestale, lo difese da un presunto complotto per mandarlo via dalla Campania. «Conosciamo bene la tattica del promuovere per rimuovere nella nostra terra e soprattutto in questo momento a mio parere va contrastata con tutti gli atti parlamentari in nostro possesso. Vi terrò aggiornati», scriveva su Facebook.
Costa, una laurea in Scienze Agrarie, un master in diritto dell’Ambiente e una vita passata a combattere i crimini ambientali nella Terra dei fuochi, con importanti risultati sulla scoperta delle discariche abusive di rifiuti pericolosi sepolte nel territorio della regione, non ha mai avuto un grande rapporto con il governo del Pd. Quando la ministra della Pa, Marianna Madia, ha deciso la chiusura del Corpo forestale ci è andato giù pesante. «Un nostro informatore», ha dichiarato in un’intervista al Corriere del Mezzogiorno, «ci ha raccontato che il giorno in cui è stato annunciato lo smantellamento dei forestali personaggi vicini alle ecomafie operanti tra Napoli e Caserta hanno acquistato dolci e spumante per festeggiare la notizia».
LA PROMOZIONE
Costa ha minacciato di andare in piazza a protestare, spiegando che non sarebbe stato lui a perderci, ma il territorio. Difficile dire chi avesse ragione. Fatto sta che oggi, ad oltre un anno dall’accorpamento dei Forestali con l’Arma, Costa è Generale di brigata dei Carabinieri e comandante della Regione Campania dei Carabinieri forestali. Né il territorio né lui, insomma, sembrano aver perso molto.
Accanto alla candidatura eccellente, Di Maio ha tentato di far dimenticare la telenovela degli espulsi, che ogni giorno si arricchisce di nuove puntate, aprendo nuovamente ad un confronto post voto con le altre forze politiche, perché «se la sera delle elezioni, noi saremo il primo partito, ma non ci saranno numeri per governare da soli faremo un appello a tutti i gruppi. Firmiamo un contratto su un programma, su quello votiamo e avviamo la diciottesima legislatura».
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