domenica 25 febbraio 2018

La sviolinata a Confindustria. Renzi aiuta solo i grandi. E lo dice pure

Che l’esecutivo targato Pd si sia fatto in quattro per accontentare la grande industria è un segreto solo per chi ha passato gli ultimi quattro anni in su qualche atollo sperduto del Pacifico. Incentivi, decontribuzioni, agevolazioni, ammortamenti, iperammortamenti: chi segue anche solo distrattamente l’economia del nostro Paese sa bene che gran parte degli interventi di sostegno introdotti dal governo sono stati pensati su misura per aziende con un numero di dipendenti e un giro d’affari ben più alti di quelli che caratterizzano il 98% del tessuto produttivo italiano, costituito da piccole e medie imprese.

Solo qualche giorno fa l’ex premier ha sbandierato i dati record del fatturato dell’industria, tornato ai livelli precrisi a differenza della disoccupazione, definendoli «lo spot migliore» in vista delle prossime elezioni. E ieri, considerando evidentemente prezioso il sostegno di Viale dell’Astronomia in uno scenario probabile di larghe intese, Matteo Renzi ha voluto ribadire il concetto. «Nessun governo ha fatto quello che abbiamo fatto noi per rispondere alle esigenze di Confindustria», ha detto il segretario del Pd, intervenuto a Firenze davanti, guarda caso, agli imprenditori associati di Confundustria.
Una confessione, hanno detto subito gli “ultrasinistri” di Liberi e Uguali. Un dato di fatto, hanno pensato i molti artigiani, piccoli imprenditori e lavoratori che hanno vissuto sulla propria pelle le scelte del governo.
Un’idea di cosa sia successo nell’economia reale del Paese arriva dal database del ministero dello Sviluppo, che registra tutte le vertenze più rilevanti finite sui tavoli governativi. Nel 2012 i dossier aperti erano 119, i posti di lavoro a rischio erano 118mila. Nel 2017 le vertenze sono diventate 162, con possibili ripercussioni su 180mila posti di lavoro. Si tratta del dato peggiore degli ultimi sei anni. E la sensazione, malgrado i festeggiamenti di Renzi, è che sia tutt’altro finita. Basti pensare ai 500 lavoratori dell’Embraco, che in questi giorni stanno lottando contro la delocalizzazione dell’azienda, o a quelli di Alitalia, che si apprestano a salire di nuovo sull’appassionante giostra degli esuberi.

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