Alla faccia della concorrenza. Dopo il trasporto su ferro e quello su gomma, le Fs potrebbero controllare anche quello nei cieli, pappandosi quel che resta di Alitalia. Se non ci fosse la Cassa depositi ad insidiargli il primato, il gruppo guidato da Renato Mazzoncini potrebbe essere considerato a buon diritto l’unico vero erede dell’Iri. Il colosso pubblico del trasporto è già stato usato dal governo per salvare le Ferrovie del Sud Est dalla bancarotta e per far uscire l’Anas dal perimetro della Pa, manovra necessaria per alleggerire i conti pubblici. Ma il suo nome ricorre ogni qualvolta c’è un problema sul tavolo. Le ferrovie concesse non hanno i soldi per rinnovare i binari? L’Anm di Napoli ha troppi debiti? L’Atac di Roma non ce la fa più a sostenere l’alto costo del lavoro? Alla fine, l’ipotesi di far scendere in campo le Ferrovie a qualcuno frulla sempre per la testa. E così è stato anche per l’Alitalia. L’idea era già circolata nel 2013, quando alla guida delle Fs c’era Mauro Moretti. Poi il governo optò per gli arabi di Etihad e non se ne fece più niente.
Ora l’idea di risolvere le grandi partite industriali accollando gli oneri alle società controllate dal Tesoro è tornata a fare capolino. E forse non è un caso che alla fine l’idea della quotazione delle Fs sia stata messa nel cassetto. Se ad ogni stormir di fronda il gruppo deve farsi carico di risolvere una grana politica, difficile convincere gli investitori a sborsare denaro.
L’opzione, prontamente smentita dal governo, di un intervento di Mazzoncini sulla ex compagnia di bandiera non era, in realtà, nei piani iniziali. Il ministro delle infrastrutture, Graziano Delrio, e quello dello Sviluppo, Carlo Calenda, pensavano di riuscire a piazzare Alitalia sul mercato con meno difficoltà di quelle incontrate finora. In pista, oltre al possibile interesse di Lufthansa, ci sono Air France, Delta Air Lines, EasyJet e il fondo Usa Cerberus, i cui rappresentanti si sono incontrati ieri per la prima volta con i commissari straordinari della compagnia. L’interesse c’è, ma nessuno sembra intenzionato a prendersi la compagnia in blocco. A fare gola sono soprattutto il lungo raggio e le tratte internazionali. Di trovare chi si faccia carico del personale di terra e delle fallimentari rotte nazionali e del corto raggio, poco redditizie e soffocate dalla concorrenza dell’alta velocità, però, non c’è verso. Sarebbe proprio questo, paradossalmente, il boccone che dovrebbe ingoiare Mazzoncini, che negli ultimi anni a contribuito non poco a marginalizzare il business di Alitalia spingendo fin dove è stato possibile i suoi Frecciarossa.
Non sarà questo governo, a meno di sorprese, a chiudere la partita. Ma c’è da scommettere che l’ipotesi della solita bad company da lasciare sul groppone dei contribuenti riuscirà a sopravvivere alla tornata elettorale. C’è chi parla di un ruolo di garanzia per le Fs, magari in combinata con la Cdp. Dettagli che non cambiano la sostanza. La promessa di Calenda che per Alitalia gli italiani non avrebbero più sborsato quattrini rischia di avere le gambe molto corte.
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