L’iniziativa dell’Istituto Bruno Leoni, che ha piazzato il suo totalizzatore del debito pubblico nelle stazioni ferroviarie di Roma e Milano, è un chiaro monito agli italiani in vista delle elezioni. «Oltre 2mila miliardi che pagherai anche tu. Pensaci, ogni promessa è debito», si legge, con un voluto gioco di parole che rimanda direttamente alle proposte che in questi giorni fioccano da ogni dove. Tasse, pensioni, sussidi, bonus. La pioggia di quattrini che, stando ai programmi illustrati dai partiti, pioverebbe sugli italiani una volta chiuse le urne sarebbe senza fine. Le stime ufficiali fanno solitamente a pugni con quelle degli esperti, ma da qualunque punto la si voglia vedere si tratta di decine e decine di miliardi che sarebbero recuperati grazie alla congiuntura economica, all’aumento spontaneo della basa imponibile, alla lotta all’evasione o alla razionalizzazione delle spesa pubblica.Tutti terreni impervi su cui nel corso degli ultimi decenni la politica si è cimentata con clamorosi insuccessi.
Eppure, il Movimento 5 stelle è convinto di riuscire a rastrellare i circa 30 miliardi necessari a finanziare il reddito di cittadinanza. Lo stesso il Pd, con i circa 25 miliardi da distribuire in bonus e detrazioni per le famiglie e i 10 miliardi per tagliare il cuneo fiscale. O Forza Italia, con i 50 miliardi necessari a coprire il buco di gettito prodotto dalla flat tax al 23%. Tutti, ovviamente, assicurano poi che i 20 miliardi di aumenti Iva delle clausole di salvaguardia saranno sterilizzati senza problemi.
Nel trionfo di elargizioni e prebende, che difficilmente potranno lasciare indenne il deficit, i partiti, guarda un po’, si sono dimenticati del debito. La massa enorme di quattrini che i contribuenti devono ridare a chi ha acquistato i nostri titoli di Stato e che tutti gli organismi istituzionali considerano la maggiore criticità del nostro Paese è argomento confinato ai margini del dibattito, poco di moda, ininfluente e un po’ noioso.
La proposta dei grillini, poco pubblicizzata per evidenti motivi, è quella di abbattere il debito pubblico del 40% in dieci anni, ma abbandonando la strada dell’austerity. L’idea è quella di sforare il tetto europeo del 3% del pil per finanziare un piano di «investimenti ad alto potenziale», in grado di produrre crescita a ritmi più elevati del disavanzo.
Liberi e Uguali ha pensato ad una assicurazione europea dei debiti sovrani che diminuisca il costo degli interessi sul debito. Proposta che sicuramente piacerà molto alla Germania, sempre pronta ad aiutare i Paesi in difficoltà.
Il programma di centro-destra non cita espressamente né il problema del debito né quello del deficit. Nelle dichiarazioni dei leader, però, è uscita fuori l’ipotesi di far tornare il debtio al 100% del pil grazie ad un avanzo primario al 4% e ad un piano straordinario di privatizzazioni.
Tutta improntata alla continuità è invece, la ricetta del Pd, forte dei risultati ottenuti finora, che hanno portato il debito dal 123,4 al 132% del pil. Il partito di Matteo Renzi ipotizza un avanzo primario al 2%, una crescita stabile all’1,5% e un’inflazione vicina al target Bce del 2%. In questo modo, come per magia, il rapporto debito pil scenderebbe di 30 punti percentuali in 10 anni.
In sostanza, nessuno ha presentato un chiaro, dettagliato e concreto programma di riduzione del debito pubblico . È il problema più grosso. Ma a chi interessa?
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