Tra le ipotesi c’è anche la staffetta generazionale. Alcune tipologie di part time sarebbe legate all’assunzione di giovani. Queste misure, insieme al prolungamento dell’opzione donna, dovrebbero costare circa 2,5 miliardi di euro per tre anni.
In ogni caso, com’era prevedibile, la manovra continua a lievitare. A poche ore dall’approdo in Consiglio dei ministri, oggi alle 12.30, il conto è salito a più di 30 miliardi. Sembrano confermate l’abolizione della Tasi sulla prima casa, gli ammortamenti al 140% per l’acquisto dei macchinari e l’anticipo dei tagli Ires. Un pacchetto che dovrebbe valere complessivamente 8-9 miliardi. Per le imprese, però, potrebbe esserci una brutta sorpresa. L’Ires sarà sforbiciata solo se la Ue concederà lo «sconto immigrati», ovvero la flessibilità sul deficit dello 0,2% per le spese sostenute dall’Italia per fronteggiare l’emergenza. Sempre sul fronte lavoro verrà prorogata anche nel 2016 la decontribuzione per le nuove assunzioni a tempo indeterminato ma con un bonus inferiore. Rispetto agli 8.060 attuali si scenderebbe a 4.000 euro per 2 anni invece di 3. Confermato il piano povertà, con un fondo da 1,4 miliardi, di cui 600 milioni di nuove risorse. La soglia del contante dovrebbe salire da mille a 3mila euro, mentre per le partite Iva si prevede la riduzione dell’imposta sostitutiva dei minimi dal 15 al 5%.
Se le spese salgono le coperture, invece, diminuiscono. Il piatto forte della manovra, che doveva essere la spending review, si assottiglia ogni giorno che passa. Dai 12 miliardi promessi da Cottarelli erano diventati 10 quest’estate e poi 7 con la presentazione del Def. Ora sembra che l’asticella dei tagli alla spesa pubblica si fermerà a circa 5 miliardi. Un flop che avrebbe spinto il professore della Bocconi Roberto Perotti, che affianca il piddino Yoram Gutgeld, avrebbe deciso di lasciare la spugna. Le dimissioni formali ancora non ci sono, ma potrebbero arrivare a momenti.
Le cattive notizie non sono finite. Sui dettagli si sta ancora lavorando, ma sembra ormai certo che dalla manovra «taglia tasse» di Matteo Renzi spunterà un altro bel balzello: il canone Rai in bolletta. Malgrado gli avvertimenti arrivati dall’authority per l’energia e dagli operatori elettrici, che hanno messo in guardia il governo dall’avventurarsi su un terreno che potrebbe far esplodere il livello già alto dei contenziosi e produrre oneri aggiuntivi sia per le società sia per i cittadini, il premier si è impuntato.
Diverse le ipotesi a cui si sta lavorando, anche con la collaborazione dei tecnici dell’Enel: pagare tutto in un’unica rata, dividere l’esborso in due o in sei tranche, oppure pagare la metà a gennaio col bollettino Rai e il resto a giugno in bolletta. I problemi principali riguardano il rischio di doppi o tropli pagamenti per chi ha la seconda casa, il laboratorio o un’attività commerciale. La soluzione sarebbe quella di un grande database in cui vengano incrociati i dati di tutti gli italiani. Se finisce come il 730 precompilato, il caos è assicurato. L’unica certezza, per ora, è che per il disturbo verrà praticato uno sconto di ben 13 euro, con il canone che scenderà a 100 euro. Per il governo l’incasso previsto sarebbe di 500 milioni. Cifra che arriverebbe dalla riduzione dell’evasione dall’attuale 27 al 5%, con un gettito incrementato da 1,7 a 2,2 miliardi. Le famiglie paganti dovrebbero crescere da 16 a 22-23, con l’aggiunta di oltre 2 milioni di seconde case intestate a famigliari, che saranno stangati con la bolletta. Non è ancora chiaro, invece, dove sarà infilata la novità. Potrebbe essere inserita subito nella legge di stabilità, ma non è escluso che la versione definitiva arrivi solo sotto forma di emendamento nel corso dell’iter parlamentare del provvedimento.