Altri soldi per Bagnoli e per l’Ilva. La notizia, circolata nei giorni scorsi, è stata confermata ieri dallo stesso Matteo Renzi. «Ci sarà», ha detto durante la conferenza stampa di presentazione della legge di stabilità, «un’altra misura di sostegno entro l’anno, un decreto o vedremo cosa, che stanzierà un miliardo non solo per il Giubileo ma anche per la Terra dei fuochi e per Bagnoli». Fonti di Palazzo Chigi assicurano che nell’elenco ci sarà pure l’Ilva. Ma i dettagli restano tutti da definire. Sembra che le risorse facciano parte del masterplan per il Sud, che prevede finanziamenti per 450 milioni di euro, di cui i primi 150 già nel 2015.
Resta anche da capire esattamente come saranno utilizzati questi quattrini. Su Bagnoli, ad esempio, i contribuenti mettono soldi da circa 20 anni. Ma il premier sembra aver preso a cuore la vicenda e dopo la nomina del commissario straordinario Salvo Nastasi è intenzionato ad aprire di nuovo il portafoglio per sistemare una volta per tutte la vicenda dell’ex area Italsider. Si parla di un piano da 200 milioni di euro. Peccato che dal dibattimento in corso davanti ai giudici della VI sezione del tribunale di Napoli stia emergendo che la messa in sicurezza delle aree potenzialmente inquinate ha funzionato e gran parte della bonifica è completata. Almeno questo risulta dalle analisi effettuate dall’Arpac, l’agenzia regionale per l’ambiente. Primo di sborsare i 200 milioni non sarebbe opportuno fare qualche verifichina?
Stesso discorso, cambiando completamente contesto, per l’Ilva. Qui il paradosso è che il governo potrebbe dover utilizzeare i soldi anche per riparare i guai provocati dalla magistratura. Le perdite del gruppo dovevano essere tra i 280 e i 310 milioni. Ma a sorpresa qualche giorno fa è emerso che a fine anno il profondo rosso sarà di almeno 500 milioni. Cosa è successo? Ci sono sicuramente alcuni fattori di carattere generale, come la crisi della Cina e la pressione ribassista dei prezzi. Ma la vera mazzata è arrivata da cause di forza maggiore. Ovvero da queli interventi della magistratura di Taranto che, la scorsa estate hanno costretto l’acciaieria ad interrompere l’utilizzo di un altoforno.
Ma di risorse l’Ilva ha sicuramente bisogno. Il problema è capire dove andranno. Se serviranno ad accelerare la nascita e ad alimentare il fondo turnaround promosso dal governo per decreto la scorsa primavera potrebbero essere soldi ben spesi.
Il fondo servirà infatti a sostenere la partenza della newco che dovrebbe affittare gli impianti di Taranto e permettere all’Ilva di tornare sul mercato senza la zavorra dei 3 miliardi di debiti.
Un altro aiuto arriverà dalla Legge di stabilità ieri varata dal Cdm, che autorizza i commissari a contrarre finanziamenti fino a 1,2 miliardi (il corrispettivo dei fondi sequestrati alla famiglia Riva e non ancora disponibili) con la garanzia dello Stato e conferma l’amministrazione controllata per quattro anni.
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