domenica 18 ottobre 2015

Miliardi ai profughi, mance ai nostri

Matteo Renzi lo ha detto chiaramente durante la prima conferenza stampa di presentazione della legge di stabilità, giovedì scorso. La possibilità di tagliare l’Ires per le imprese nel 2016, con un anticipo di un anno rispetto alla tabella di marcia, è appesa al riconoscimento da parte della Ue della cosiddetta «clausola migranti», ovvero la possibilità di scorporare dal calcolo del deficit le spese sostenute dallo Stato per affrontare l’emergenza immigrati.

Quello che invece non è stato detto altrettanto chiaramente è che quei soldi, contabilizzati o no ai fini del rispetto degli impegni con Bruxelles, sono quattrini che escono dalle tasche dei contribuenti italiani. E non si tratta esattamente di pochi spiccioli. Anzi, le analisi, e le stime per i prossimi anni, parlano di una dinamica impazzita che ha fatto triplicare le spese nell’arco di un paio di anni.
Il costo dell’accoglienza a terra, dei soccorsi in mare, delle cure mediche e dell’istruzione per i più piccoli dovrebbe ammontare quest’anno a ben 3,3 miliardi. Una cifra enorme, che sembra crescere esponenzialmente. La media degli anni tra il 2011 e il 2013, stando ai dati ufficiali del ministero dell’Economia, era di 1,32 miliardi. Arrivati al 2014, con l’incremento degli sbarchi e l’aumento del numero di immigrati presenti nei centri di accoglienza, le spese sono arrivate a 2,6 miliardi.

Quest’anno il conto è balzato a 3,3 miliardi (di cui 3 miliardi di spesa corrente) e, secondo alcune stime conservative, potrebbe attestarsi su un livello simile anche per il 2016. Gli stessi Tecnici di Via XX Settembre, però, mettono nero su bianco nel Documento programmatico di bilancio inviato alla Ue il 15 ottobre, anche le ipotesi di spesa nel caso di uno scenario in peggioramento. Se invece di ridursi il flusso di immigrati dovesse intensificarsi, non in maniera drammatica, ma semplicemente seguendo la curva di crescita che si è verificata tra il 2014 e il 2015, il ministero prevede che la spesa possa salire fino ai 3,99 miliardi. Una mazzata che praticamente vale quanto l’abolizione della Tasi sulla prima casa. E fa impallidire nel confronto con le cifre che invece vengono destinate ad aiutare i contribuenti più in difficoltà. Per il contrasto alla povertà e all’esclusione sociale, ad esempio, la legge di stabilità stanzia per il 2016 solo 600 milioni. Che fortunatamente si vanno ad aggiungere a risorse preesistenti per arrivare a 1,5 miliardi complessivi.

Nel dettaglio, la quota più significativa della spesa «riguarda le strutture di accoglienza, in genere oltre il 50% del totale, e in secondo luogo i soccorsi in mare, tra il 25 e il 30%». Il resto è rappresentato dai costi derivanti dalle «cure ricevute nel servizio sanitario nazionale e dell’istruzione per i migranti che entrano per la prima volta in Italia». La lista della spesa sarebbe anche più alta se si conteggiassero gli oneri indiretti, che però «non sono calcolabili», dell’integrazione  degli immigrati nel tessuto economico e sociale del Paese.

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