«Vorrei ringraziare pubblicamente i miei colleghi del ministero che stanno lavorando senza limiti di orario perché questa legge sia definita e trasmessa al Parlamento e al Presidente della Repubblica». Non è stata casuale né un semplice atto di cortesia la dichiarazione fatta ieri durante il convegno dei giovani di Confindustria a Capri dal ministero dell’Economia, Pier Carlo Padoan.
Malgrado il passaggio in Consiglio dei ministri e la scadenza inderogabile con la Ue (a cui è stato mandato un Documento programmatico con le linee guida) la legge di stabilità ancora non c’è.
«Stiamo definendo i dettagli», ha ammesso ieri il ministro. Ma se le cose stanno così, ha sottolineato Renato Brunetta, significa «che Renzi, Padoan e tutto il loro governo sono fuori legge». Fatta questa premessa «inquietante», ha proseguito il capogruppo di Forza Italia alla Camera, «cosa ha approvato lo scorso giovedì il Consiglio dei ministri? Cosa ha mandato a Bruxelles Padoan? Cosa ha illustrato, ancora Padoan, al presidente della Repubblica, Sergio Mattarella? Quali sono i saldi della legge di stabilità? Quali le coperture delle norme in essa contenute? Quali cifre?».
Domande legittime a cui, per ora, nessuno ha dato risposta. Quanto al ritardo si è invece appreso che c’è lo zampino dei dirigenti della Ragioneria generale dello Stato, che sono infuriati per i tagli «lineari» (e non modulari come ci ha detto il governo)contenuti nella legge di stabilità che vanno ad impattare, tra le altre cose, anche sui loro stipendi. Di qui l’ammutinamento: i tecnici della Ragioneria hanno lasciato Padoan da solo con le slide di Renzi, rifiutandosi di fare gli straordinari per trasformare gli slogan in una legge di bilancio vera e propria, con cifre, dettagli e coperture. E il braccio di ferro potrebbe anche andare avanti. Il segretario dell’Unadis, che rappresenta i dirigenti ministeriali, Barbara Casagrande, ha infatti annunciato «che sta partendo lo stato di agitazione contro alcune misure previste in legge di stabilità», aggiungendo che la protesta nella Ragioneria dello Stato «è solo il primo segnale di una protesta che sarà più strutturata».
Ipotesi che il governo, secondo alcune indiscrezioni, starebbe pensando di scongiurare cancellando dalla manovra la sforbiciata ai manager pubblici e agli uffici di diretta collaborazione dei ministri. E molte altre cose potrebbero cambiare da qui a lunedì, quando la legge dovrebbe essere inviata al Quirinale per poi approdare al Senato, dove inizierà l’iter della sessione di bilancio. La minoranza Pd è infatti salita sulle barricate. Da Stefano Fassina, che parla di «Robin Hood all’incontrario», ad Alfredo D’Attorre, che minaccia di uscire dal partito, fino a Roberto Speranza, che per il taglio delle tasse avrebbe preferito partire «di chi è in difficoltà, non da chi ha un attico in centro».
Proprio l’abolizione della Tasi sulle case di lusso è uno dei punti che potrebbero essere stralciati dalla manovra per evitare il solito percorso a ostacoli in Parlamento. Tornando a parlare di «gufi» e di «Italia che riparte», ieri Matteo Renzi ha invitato tutti, lanciando un «patto di fine anno», a tenere per sé «le posizioni ideologiche» perché «di fronte a obiettivi condivisi bisogna mettere al centro il bene del Paese».
Quanto alla Tasi, secondo Renzi farà scattare «un effetto fiducia che può aiutare gli italiani a tornare ad investire». Mentre Padoan, sul fronte tecnico, ha invitato a guardare i numeri, perché «le famose tasse sulle ville e castelli sono solo 80 milioni, mentre il taglio complessivo è di 3,5 miliardi».
Il ministro dell’Economia ha poi ribadito, raccogliendo a Capri gli applausi del presidente di Confindustria, Giorgio Squinzi, che entro il 2018 «ci sarà una riduzione delle tasse su tutti i campi fondamentali, a partire dalle imprese». La legge di stabilità, ha proseguito, è «molto ben equilibrata e tiene conto delle risorse e delle esigenze del Paese». Anche per questo, ha assicurato, «non sarà rispedita al mittente dalla Ue». La richiesta a Bruxelles è stata spedita giovedì insieme al Documento programmatico. Il governo, si legge nella lettera inviata al commissario, Pierre Moscovici, «allo scopo di fornire ulteriore sostegno alla ripresa economica vorrebbe usare la flessibilità permessa dalle regole fiscali della Ue».
© Libero