martedì 28 febbraio 2012

Zaia porta Monti in tribunale: "Ci frega i soldi"

Un furto. È questa la conclusione a cui è giunto Luca Zaia, che ieri, dopo aver già bussato alla Corte Costituzionale, ha anche presentato un ricorso al Tar di Venezia per impedire lo scippo del governo. In ballo ci sono 8 miliardi di euro. Soldi attualmente depositati presso Unicredit che in base al decreto liberalizzazioni dovrebbero confluire nelle casse del Tesoro per alleggerire il peso del debito pubblico. I tempi sono strettissimi. L’articolo 35 della manovra stabilisce infatti che entro domani comuni, province, regioni, università ed enti sanitari debbano dirottare una prima tranche (il 50%) della loro liquidità verso la tesoreria centrale dello Stato.

Per questo la Regione Veneto, oltre a seguire la strada maestra dell’impugnazione della legge alla Consulta per conflitto tra poteri dello Stato, ha chiesto al tribunale amministrativo un provvedimento di urgenza per stoppare il trasferimento delle somme e ha contemporaneamente inviato a Unicredit, l’istituto che gestisce la tesoreria dell’ente, una diffida dal dare esecuzione alle disposizioni del decreto senza autorizzazione della giunta. Per il governatore Zaia ci sono pochi dubbi: si tratta non solo di «uno schiaffo alle autonomie locali e al processo federalista avviato in questi anni», ma di una vera e propria «appropriazione indebita».
In effetti, il giochino del premier non brilla per eleganza istituzionale. La norma, infilata arbitrariamente in un decreto liberalizzazioni e ben nascosta in un articolo che riguarda i debiti della Pa nei confronti delle imprese, reintroduce di fatto un regime scomparso dal 1997 con l’istituzione della cosiddetta “tesoreria mista”, che ha permesso alle autonomie locali non solo di disporre liberamente delle somme, ma di ottenere concreti vantaggi finanziari. Piuttosto che consegnare le risorse provenienti dalle entrate proprie presso i conti fruttiferi di Bankitalia a tassi fissati per legge, gli enti hanno infatti potuto cercare sul mercato le migliori condizioni di investimento. Il ritorno al passato, in base alla relazione tecnica del provvedimento, sarebbe giustificato dall’esigenza del Tesoro di risparmiare sull’emissione del debito. Si presuppone, erroneamente, che i tassi di mercato siano gli stessi di quelli offerti da Bankitalia e si giunge quindi alla conclusione che per gli enti non cambi nulla e che per lo Stato ci sia invece un apporto di liquidità che alleggerirebbe la spesa per il debito di 320 milioni nel 2012, di 150 nel 2013 e nel 2014.

In realtà, i danni ci sono eccome. Intanto per le banche, che in un’epoca di vacche magre si vedono sparire dalle mani circa 9 miliardi di liquidità preziosa. Ma la botta più dura, politica ed economica, è quella che arriva agli enti locali, che si trovano senza interessi e con il commissario centrale che gestisce i soldi per loro conto. Non è un caso che dietro alle proteste più clamorose della Lega si sia rapidamente formato un fronte bipartisan deciso a smontare a colpi di ricorsi le mosse di Monti. Sulla linea del leghista Zaia si ritrovano, con diverse sfumature, anche esponenti del Pd come il presidente dell’Anci, Graziano Delrio, e quello della Conferenza delle Regioni, Vasco Errani, e del Pdl, come il presidente dell’Upi, Giuseppe Castiglione. La rivolta sembra appena iniziata. L’Anci sta inviando ai sindaci una bozza di delibera redatta dal Comune di Venezia per promuovere un ricorso civile e sospendere i trasferimenti. Lo stesso sta facendo il Veneto, che sta fornendo a tutti lo schema di ricorso al Tar. Intanto il comune di Varese, guidato da Attilio Fontana (Lega) ha depositato istanza in tribunale per il blocco delle somme, mentre il sindaco leghista di Verona, Flavio Tosi, ha scelto di svuotare la cassa prima che arrivino i predoni. «Avendo effettuato tutti i regolari pagamenti ai creditori», si legge in una nota, «alla data del 29 febbraio il Comune non dovrà provvedere ad alcun versamento presso la Banca d’Italia».

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