mercoledì 8 febbraio 2012

La Cancellieri attacca i giovani: "Illusione il posto sotto casa".

Dopo gli sfigati senza laurea e la monotonia del posto fisso la saga dei “bamboccioni” si arricchisce di ulteriori capitoli. Ad irrobustire il catalogo delle espressioni colorite sfornate dal governo dei tecnici ci ha pensato ieri il ministro dell’Interno Anna Maria Cancellieri, nel goffo tentativo di smorzare le polemiche sollevate dalle parole di Mario Monti sui giovani che vogliono a tutti i costi il posto fisso. 

Sulla vicenda, ha spiegato la Cancellieri in un’intervista a Tgcom24, «è nata una querelle frutto di una fretta di interpretazione». Il ministro si dice quindi convinta che Monti abbia tentato di «sdrammatizzare, senza voler mancare di rispetto a nessuno». Quando arriva il suo turno, però, fa peggio del professore. «Il mondo sta cambiando», ha argomentato, «noi italiani, invece, siamo fermi al posto fisso, nella stessa città, di fianco a mamma e papà». La tesi della Cancellieri è che sia necessario «un salto culturale,ma senza demonizzare». Anche perché il figlio, l’attuale dg di Fonsai, Davide Peluso, tra le milanesi Mediobanca e Unicredit e il romano Mediocredito centrale di posti di lavoro ne ha cambiati, ma di viaggi lontano da mamma ne ha fatti davvero pochini. 

Più articolato, per quanto non meno tagliente, il giudizio espresso da Elsa Fornero durante l’inaugurazione dell’anno accademico dell’università di Torino. Per il ministro del Welfare «uno degli scopi di questo governo è spalmare le tutele su tutti, non dare a tutti un posto fisso a vita. E chi oggi promette un posto fisso a vita promette facili illusioni». Si illude anche chi pensa che l’esecutivo tratterà ancora a lungo con le parti sociali e con le forze politiche. Sulla riforma del lavoro, ha spiegato la Fornero confermando le voci che ipotizzano la scelta del decreto legge per aggirare gli ostacoli, «tergiversare, fermarsi, aspettare, non è una soluzione e il governo ha il dovere di agire per cercare di risolvere i problemi». Questo, si è poi corretta il ministro, «non vuol dire che tutto è già stato deciso, il percorso è appena iniziato, ma deve essere rapido». Ed ecco la seconda correzione in corsa: «La riforma non è fatta per mettere gli uni contro gli altri. Nessuno vuole usare la clava, ma la parte positiva e propositiva del dialogo». L’importante,haconcluso, è che tutti sappiano che «la riforma non è una bacchetta magica, che può dare lavoro immediato a quanti non ce l’hanno». Ragionamenti, questi ultimi, più in linea con i tentativi di Monti di gettare acqua sul fuoco. Anche ieri il premier ha voluto ribadire che non c’è alcun intento di «esasperare alcunché», si sta solo cercando, «di trovare la via migliore per fare in modo che anche gli istituti del lavoro possano dare un contributo alla crescita e aggredire la disoccupazione giovanile». 

Le sortite sul posto fisso, però, non cadono nel vuoto. E a criticare non c’è solo la Cgil e la sinistra radicale, ma anche il Pd, con l’ex ministro del Welfare, Cesare Damiano, che ammette di fare «fatica a star dietro alla girandola di dichiarazioni». «Siamo passati dal silenzio, dalla riservatezza e dalle parole misurate», stigmatizza, «a un diluvio di dichiarazioni il più delle volte contraddittorie». Le parole della Cancellieri non sono invece dispiaciute al professore del Pdl, Giuliano Cazzola, secondo cui «le batture sui mammoni non colgono mai la realtà. Ma il ministro non ha tutti i torti». Al di là delle schermagli, comunque, il dibattito registra dei timidi passi avanti. Se per il sindacato guidato da Susanna Camusso sui licenziamenti non si tratta, dalla Cisl inizia ad arrivare qualche apertura. Raffaele Bonanni, ad esempio, si dice disponibile «ad una robusta manutenzione». Perché «l’art. 18 non si tocca, ma alcune inefficienze sipossono anche revisionare». Resta da capire se nella “manutenzione” possa rientrare quanto sostiene la presidente di Confindustria Emma Marcegaglia, secondo cui l’art.18 sui «licenziamenti discriminatori è un fatto di civiltà», ma per «tutti gli altri casi bisogna «diventare europei». Linea non lontana dalle tesi del governo. «Non vogliamo», ha detto la Fornero, «che non esista la possibilità di licenziare, ma che chi è stato licenziato sia aiutato dalle istituzioni e dall’azienda di trovare in tempi ragionevoli una nuova occupazione».
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