Se Alberto Bombassei dovesse riuscire a salire sulla poltrona di Emma Marcegaglia la Fiat potrebbe rientrare in Confindustria. Finmeccanica, invece, potrebbe restarci. Nell’atmosfera già surriscaldata del confronto elettorale è sceso in campo anche il colosso dell’aerospazio. Il documento inviato dal presidente e ad Giuseppe Orsi alcuni giorni fa ai vertici degli industriali del Lazio (di cui ieri il Corriere ha pubblicato alcuni stralci) è esplosivo non tanto per la velata minaccia ad uscire dal sistema confindustriale, quanto per i contenuti programmatici.
Tra i sei punti illustrati da Orsi come condizione necessaria per «la presenza attiva di Finmeccanica nella associazione» ci sono passaggi che non lasciano molto spazio ad interpretazione. Al quinto punto, ad esempio, il manager definisce «l’accordo interconfederale del 28 giugno 2011, un importante, ma non ancora sufficiente passo in avanti». L’intesa contiene principi che «non hanno ancora avuto riscontro nella concreta azione dei sindacati in azienda». Servono, invece, «norme inoppugnabili», perché il contratto nazionale deve «rappresentare una cornice per la contrattazione aziendale che dovrà prevalere su quella nazionale». Sarà un caso, ma l’insufficienza e il depotenziamento dell’accordo del 28 giugno (con l’intesa del 21 settembre) è stato il principale perno su cui si è incardinato lo strappo del Lingotto lo scorso ottobre. E sarà ancora un caso, ma le critiche, seppure indirette, all’intesa del 21 settembre e la necessità di riportare Fiat in Confindustria attraverso un rafforzamento dei contratti aziendali sono stati i primi atti che hanno marcato la distanza tra Bombassei e Giorgio Squinzi, più orientato a sostenere la linea del dialogo con i sindacati e a non puntare troppo i piedi sulla riforma del lavoro. Non può sfuggire, infine, l’insistenza con cui Orsi chiede una rifondazione di Confindustria, a partire dallo snellimento degli apparati burocratici fino al contenimento dei costi e al recupero di una rappresentanza “non politica” degli interessi delle imprese. Punti su cui Bombassei ha centrato gran parte del suo programma contenuto nella mail inviata il 13 gennaio ai dirigenti confindustriali.
Il documento di Finmeccanica è ovviamente rivolto a entrambi i candidati e non contiene alcuna dichiarazione di voto esplicita. L’iniziativa si inserisce in una fase convulsa e un po’ confusa, in cui dalle consultazioni in corso nelle associazioni territoriali stanno uscendo plebisciti a favore di Squinzi che non sempre trovano puntuale riscontro nelle posizioni degli imprenditori. La circostanza è emersa in Assolombarda dove, in seguito ad alcune polemiche interne, il presidente Alberto Meomartini è stato costretto a precisare: «Non siamo un partito politico né un sistema che fa le primarie. Non ci schieriamo mai formalmente». Anche da Unindustria e Confindustria Lazio, come ha riferito il presidente Aurelio Regina al termine dell’incontro con i tre saggi, sarebbe uscito un giudizio «a larghissima maggioranza» a favore del candidato sostenuto dalla Marcegaglia. Tra gli industriali romani, però, ci sono grandi gruppi come Eni ed Enel che non sono grandissimi tifosi di Squinzi, così come non lo è il presidente di Telecom, Franco Bernabé, che è intervenuto a favore di Bombassei nel corso del direttivo. Quanto a Finmeccanica, il cui posto nel comitato di presidenza è ancora vacante dopo l’uscita dell’ex dg Zappa, il gruppo si sarebbe limitato a consegnare il suo programma a Regina. Programma che, come si è visto, non appare esattamente in sintonia con le idee di Squinzi.
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