mercoledì 1 febbraio 2012

Il nuovo redditometro scalda i muscoli: tutti evasori fino a prova contraria

Altro che scontrini e ispettori per le vie. Da giugno il gioco si fa duro e per non avere guai le ricevute bisognerà farsele pure a casa. Con l’avvio del nuovo redditometro per ciascuno dei contribuenti italiani basteranno poche migliaia di euro fuori linea per finire nel mirino del fisco. Tra clamorose accuse alla politica (poi smentite) e annunci trionfali sulla riscossione, Attilio Befera lancia la campagna di primavera contro l’evasione, attraverso un “uno due” mediatico-istituzionale che parte dalle pagine di Repubblica e rimbalza tra i muri della commissione Finanze della Camera.

Punta di diamante dell’offensiva sarà il nuovo strumento per l’accertamento sintetico del reddito, che altro non è che un software che, dopo aver sbirciato a fondo i nostri movimenti bancari (il governo Monti ha definitivamente tolto qualsiasi paletto di riservatezza) e messo in fila le voci di spesa effettuate durante l’anno, applica un algoritmo e stabilisce per via induttiva (ovvero teorica) a quanto ammontano “veramente” le nostre entrate. Il problema è quando i risultati del computer non coincidono con i soldi che abbiamo in tasca, vuoi perché papà ci ha regalato il motorino, vuoi perché abbiamo comprato una macchina a rate, vuoi perché abbiamo acquistato un’abitazione con i risparmi di una vita. Certo, la legge del 2010, che ha modificato alcuni articoli della norma del 1973 in materia di accertamento sintetico, prevede il contraddittorio obbligatorio, ovvero il diritto del contribuente a giustificare le spese “anomale” prima di vedersi arrivare la cartella esattoriale. Resta il fatto che una volta scattata la tenaglia del fisco, sulla base dell’inversione dell’onere della prova, siamo noi a dover dimostrare di non essere evasori. E non è detto che uno tenga la contabilità di famiglia come quella di un’azienda, con tanto di ricevute per i regali di Natale e compleanno a figli, coniugi e parenti vari.

Non è ancora chiaro se il redditometro sarà considerato una presunzione semplice o legale (in questo secondo caso per il contribuente si limitano gli spazi di difesa davanti al giudice), ma inizia invece ad essere evidente che le soglie di scostamento “tollerato” tra reddito dichiarato e reddito accertato dal fisco a tavolino saranno strettissime.  
Ad ottobre, quando il redditometro è stato presentato, l’Agenzia delle Entrate aveva spiegato che la soglia di attenzione sarebbe scattata ben oltre il 20%. Nelle ultime settimane, invece, si è appreso che lo strumento si attiverà anche sotto questa percentuale e che uno scostamento del 20% (calcolato sul reddito dichiarato) sarà considerato un motivo già sufficiente a far scattare l’accertamento. Se si pensa che il reddito medio degli italiani è di 22mila euro, appare chiaro che basterebbero poco più di 4mila euro a fare la differenza. Questo significa che potrebbe ripetersi quanto già successo con gli studi di settore per gli autonomi: una valanga di contribuenti considerati non congrui e quindi evasori fino a prova contraria. Secondo le stime effettuate dall’Associazione contribuenti italiani la percentuale di italiani non in linea con il redditometro potrebbe addirittura raggiungere l’80%.

Malgrado i possibili e devastanti effetti collaterali, l’Agenzia delle entrate sembra comunque determinata a far diventare il controllo delle spese lo strumento centrale della lotta all’evasione. Durante l’audizione alla Camera Befera ha spiegato che il redditometro terminerà la sperimentazione a febbraio e sarà pronto per essere utilizzato già sulle dichiarazione dei redditi relative al 2011. È quella che il direttore dell’Agenzia delle entrate ha definito in un colloquio (smentito nella parte in cui iscriveva alcuni politici e personaggi pubblici al partito degli evasori) con Repubblica «la svolta di primavera». Per scatenare l’offensiva Befera ha chiesto anche una deroga al blocco delle assunzioni nella Pa che gli dia la possibilità di rimpolpare le risorse degli uffici tributari. L’obiettivo è fare meglio del 2011. Il direttore dell’Agenzia (nonché presidente di Equitalia) ha snocciolato ieri le cifre dell’ennesimo record della riscossione da ruoli: 11,5 miliardi incassati grazie a 2 milioni di controlli.

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