giovedì 9 febbraio 2012

Monti attacca l'art. 18 e si aggrappa al Cav

L’articolo 18 «non è un tabù». Va cambiato. Il rischio è che «possa essere pernicioso per lo sviluppo dell’Italia». Mario Monti lancia l’allarme. Dice che, senza riforma del lavoro, la crescita è compromessa: «C’è un terribile apartheid tra chi è già dentro e chi, giovane, fa fatica» a trovare un’occupazione. «I giovani però devo abituarsi all’idea di non avere più il posto fisso a vita: che monotonia! È bello cambiare ed accettare delle sfide».

Lo spread non è più in cima alle preoccupazioni del Professore: scenderà ancora. Dopo tanta cautela, malgrado un fabbisogno del settore statale a gennaio aumentato a 3,3 miliardi rispetto ai 2,4 del 2001, il premier ora sembra convinto di aver passato il guado ed ostenta sicurezza. Il differenziale tra Bund e Btp, spiega al Tg5 e a Matrix, si ridurrà ancora. Lo spread sotto quota 400 (ieri ha chiuso a 382) non è «un obiettivo raggiunto, perché deve scendere ancora e scenderà. La tendenza sarà decrescente. Rispetto ai massimi di novembre siamo scesi di 200 punti e questo va bene». Certo, ha aggiunto, «se prevarranno le
resistenze corporative, i tassi torneranno a salire». Quanto ai pesantissimi vincoli di bilancio imposti dall’accordo europeo fiscal compact, che ci costringerà a ridurre il debito pubblico del 3% l’anno, il premier ha messo le mani avanti spiegando che non è stato lui ad accettare quell’accordo, ma il precedente governo: «Non ci sono appesantimenti rispetto a quanto accettato l’anno scorso con l’obbligo di rientro». In ogni caso, ha detto, con l’intesa «la crescita non sarà più un omaggio verbale ma diventerà il cuore della politica europea». Per tagliare il debito, comunque, non sembrano esserci all’orizzonte grandi operazioni di privatizzazione. Sono «una possibilità», ha detto, ma non «una priorità» del governo italiano, anche perchè in passato esse «non sempre furono fatte nel modo migliore». Monti non ha escluso «qualche operazione sul capitale», ma «vogliamo valorizzare di più il capitale umano».
Tornando alla politica interna, il premier, forse in cerca di sponde, ha voluto tendere la mano all’ex presidente del Consiglio, dicendo di considerare «particolarmente significativo» l’appoggio di Silvio Berlusconi. Un sostegno che non ha, però, impedito alla commissione Giustizia del Senato di bocciare senza appello, a maggioranza, tre articoli del testo licenziato dal governo: il primo riguarda il tribunale delle imprese, il secondo quello sull’abolizione delle tariffe per i professionisti ed infine quello relativo al risarcimento diretto. L’auspicio del presidente della commissione, Filippo Berselli (Pdl), è che «il governo prenda atto di questo motivato parere e ne tragga le dovute conseguenze». Per ora, l’unica impegno dell’esecutivo, come ha spiegato Monti ieri sera, è quello di restare fuori da una serie di temi caldi, a partire dalla legge elettorale, fino alla cittadinanza e alle questioni etiche.

Oggi a Palazzo Chigi ci sarà un incontro con le parti sociali. Ieri si è tenuto il vertice informale tra Confindustria e sindacati, che non ha prodotto grandi intese, ma neanche spaccature. «È andato bene, abbiamo avuto un lungo confronto utile, non terminato, su tutti i temi, a 360 gradi», ha detto il presidente di Confindustria, Emma Marcegaglia. Molto simile il giudizio di Susanna Camusso: «Abbiamo cominciato uno scambio di opinioni. Abbiamo ragionato sui problemi che ci sono, sulle ipotesi condivise». Se le parti sociali sembrano intenzionate a non presentarsi al confronto con il governo con il coltello tra i denti, una delusione
per l’esecutivo dei tecnici è arrivata ieri da Bankitalia, che ha fatto il punto, senza troppi entusiasmi, sul decreto liberalizzazioni. Le misure, ha spiegato il vicedirettore di Via Nazionale, Salvatore Rossi durante un’audizione in commissione Industria al Senato, «sono il più delle volte incisive, ma non mancano aspetti migliorabili, ad esempio nei trasporti, dove tutto dipenderà dalla nuova autorità per le reti e dalla sua capacità di essere autonoma». Anche per il settore Rc auto si potrà avere una diminuzione dei premi solo se i comportamenti concorrenziali saranno «attentamente controllati». Bocciatura secca, invece, per il preventivo dei legali. Sull’obbligo della pattuizione scritta del compenso per gli avvocati, abrogata dal decreto liberalizzazioni, secondo Bankitalia sarebbe meglio tornare a quanto prevedeva la manovra di agosto. Perplessità, infine, arrivano anche sulla “liberalizzazione” dei benzinai. Sul prezzo del carburante, ha spiegato Rossi, «pesano più le alte tasse che i costi di distribuzione che il decreto sulle liberalizzazioni intende diminuire».

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