martedì 25 luglio 2017

Rubano anche l'acqua

È di poche settimane fa la clamorosa notizia della morosità del Comune di Roma nei confronti della sua stessa azienda di fornitura del servizio idrico. Ai primi di maggio i dipendenti e i funzionari dei gruppi consiliari del Campidoglio sono stati costretti ad abbandonare gli uffici di Via del Tritone (come prevede la legge, per questioni igieniche) dopo aver constatato che dai rubinetti non usciva più l’acqua: il Comune non ha pagato la bolletta e l’Acea (controllata al 51% dallo stesso Comune) ha interrotto il servizio. In quell’occasione, la sindaca Virginia Raggi si difese scaricando la colpa sulla società da cui il Campidoglio ha in affitto gli uffici. Un po’ come succede in questi giorni. Dove Comune, Regione e governo, mentre la Capitale sta per essere lasciata a secco, non trovano di meglio che rimpallarsi le responsabilità e accusarsi a vicenda.

La realtà è che il caso degli uffici comunali è tutt’altro che isolato: oltre a non saper gestire il funzionamento del sistema idrico, attraverso le solcietà controllate e gli investimenti infrastrutturali, le amministrazioni pubbliche sono anche le prime, come spesso accade anche per la luce, il gas e i rifiuti, a non rispettare la legge, considerando poco più di un optional il pagamento della bolletta.
A livello nazionale, secondo i dati diffusi da Utilitalia nel Blue Book 2017, il tasso di morosità medio è del 4,7%. Con una spiccata propensione del Sud e delle Isole, dove il mancato incasso a due anni dalla scadenza tocca quote del 20,4%, rispetto al 4,1% del Centro e al 2,1% del Nord. Qualche anno fa la stessa Utilitalia aveva calcolato che per le aziende che operano nella fornitura dei servizi idrici si tratta di circa 3,8 miliardi di mancati incassi.

Una cifra enorme, che non va addebitata, come si potrebbe pensare, solo alle utenze domestiche o aziendali. Una bella fetta di bollette non pagate è infatti quella che fa capo proprio agli uffici che quel servizio dovrebbero garantire. In termini di categoria di utenze risulta che il credito scaduto è relativo per il 45% agli utenti domestici, per il 37% a utenti non domestici e per il 18% alle pubbliche amministrazioni. Con alcune aggravanti. La Pa, si legge nel rapporto di Utilitalia, «ha un peso più rilevante sul credito scaduto da oltre 24 mesi, al quale contribuisce per il 22% del totale».
Si tratta, secondo gli esperti dell’associazione che riunisce le imprese idriche, energetiche e ambientali, di «un sintomo della notoriamente bassa propensione delle pubbliche amministrazioni al rispetto delle scadenze di pagamento».
Il fastidio nel pagare le bollette emerge chiaramente anche dalle rilevazioni sul tasso di morosità. In base ai dati raccolti sul fatturato e sull’incasso delle aziende idriche si scopre, infatti, che la percentuale di impagato a 24 mesi è del 3,2% per gli utenti domestici, mentre balza all’8% per le amministrazioni pubbliche locali (ovvero comuni, province e regioni) e al 6,5% per le amministrazioni pubbliche centrali, ovvero Palazzo Chigi, i ministeri, le agenzie fiscali e gli enti di rilevanza nazionale.

Sarà anche per questo che la legge è assai tenera con i morosi: poche sanzioni, molte tutele e nessuna conseguenza degna di nota. Basta leggere il Dpcm attuativo del 29 agosto 2016 per avere un’idea di cosa succede a chi non paga la bolletta dell’acqua. Nel dettaglio, «l’interruzione di acqua all’utente moroso deve tenere conto di molteplici fattori di varia natura, da quelli alimentari, igienico sanitari e di tutela della salute e della tipologia di utente a quelli di tutela della risorsa fino alla necessità dei costi del servizio a garanzia dell’equilibrio economico finanziario della gestione». Come se non bastasse la pioggia di accorgimenti che l’azienda deve avere prima di chiudere l’acqua, la norma affida poi all’autorità dell’energia il compito di definire ulteriori vincoli e procedure a garanzia dell’utente. In ogni caso, non è mai consentita la disalimentazione del servizio nei confronti di chi versa in documentato stato di disagio economico e, udite udite, alle utenze relative ad attività di servizio pubblico.

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