domenica 30 luglio 2017

Atac sull'orlo del crac, ma i dirigenti romani si aumentavano le paghe

Mentre l’Atac continuava ad accumulare debiti, avvicinandosi sempre più all’orlo del baratro, i dirigenti hanno pensato bene di aumentarsi lo stipendio. Motivo: «La situazione di estrema criticità economico-finanziaria dell’azienda richiede un contributo straordinario da parte del management». I soldi sono arrivati. I risultati un po’ meno, considerato che a 7 mesi di distanza l’azienda del trasporto locale di Roma rischia di portare i libri in tribunale.

L’accordo è del 12 dicembre 2016. Il dg dimissionario Bruno Rota ancora non c’era, ma l’amministratore unico scelto dalla giunta grillina, Manuel Fantasia, era già sulla tolda di comando dell’Atac. Ed era fisicamente al tavolo della trattativa insieme alle rappresentanze dei dirigenti e a Federmanager. Due gli obiettivi dell’accordo: adeguamento del Tmcg (il trattamento minimo complessivo di garanzia previsto dal contratto collettivo nazionale) e riconoscimento degli obiettivi di risultato (gli Mbo, management by objectives) per intero dal 2017 e in misura parziale per gli anni dal 2012 al 2016.

In entrambi i casi, si tratta di voci dello stipendio congelate proprio a causa della drammatica situazione di liquidità dell’azienda, che non avendo i soldi neanche per pagare i fornitori dei mezzi di ricambio di bus e treni aveva oculatamente preferito non aumentare le retribuzioni piuttosto che rischiare di perderle del tutto chiudendo i battenti. A dicembre del 2016, però, vertici e dirigenti dell’Atac, pur consapevoli «del progressivo declino dell’impresa» decidono che è importante «preservare, anche nell’attuale contesto di crisi» la definizione di «un impianto di retribuzione incentivante», che, si legge nell’accordo, «costituisce un’imprescindibile occasione di sviluppo delle professionalità manageriali ed una leva di gestione aziendale». Di qui il riprstino dei premi di produzione. Anche l’adeguamento della parte fissa dello stipendio, a giudizio del tavolo presieduto da Fantasia, è «in stretta coerenza con l’attuale situazione economico-finanziaria». Si tratta, infatti, di «depotenziare i motivi di possibile contenzioso».

Il risultato sono circa 2 milioni di euro di arretrati sborsati dall’azienda per gli Mbo, corrispondenti al 30-40% delle somme non corrisposte negli anni 2012-2016 ai 49 dirigenti attualmente in servizio. E circa 1,2 milioni di premi all’anno a partire dal 2017, che diventano 3,1 milioni se si considerano anche i quadri.
Per quanto riguarda gli adeguamenti, una ventina di dirigenti che avevano la parte fissa della retribuzione al di sotto degli 80mila euro lordi annui hanno ricevuto un aumento di circa 10mila euro ciascuno.

Fantasia si è difeso spiegando che in questo modo si sono evitati accantonamenti nei bilanci, a copertura del potenziale contenzioso, per circa 24 milioni di euro. Ma la sostanza cambia poco. Nel momento peggiore della compagnia, a pochi mesi dall’addio burrascoso in simultanea del dg Mario Rettighieri e dell’amministratore unico Armando Brandolese, avvenuto nel settembre 2016, con l’azienda ancora senza dg (Rota è arrivato nell’aprile del 2017), con la liquidità agli sgoccioli, neanche sufficiente a pagare gli stipendi ordinari senza gli anticipi del Comune di Roma, e lo spettro del fallimento, Fantasia ha deciso di sborsare diversi milioni per premiare non solo i risultati futuri, ma anche quelli passati, assai difficili da scorgere,  dei dirigenti.
E non è tutto. Pur potendo disporre, com’è ovvio, di un ufficio legale interno, l’amministratore unico dell’Atac dal dicembre 2016 ad oggi ha affidato 24 incarichi di consulenza ad avvocati esterni all’azienda, per un valore complessivo di 429mila euro. Un modo quantomeno bizzarro di risanare i buchi di bilancio.

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