sabato 27 agosto 2016

Maddalena: "L'euro è soltanto un ricatto. Via subito o ci compreranno"

Uscire subito dalla morsa che ha stritolato la nostra economia e i nostri diritti. Ma senza abbandonare l’Europa, che deve però essere ripensata su un piano di parità e di eguaglianza tra gli Stati. È questa la tesi di Paolo Maddalena, vicepresidente emerito della Corte Costituzionale, che da tempo sostiene la necessità di chiudere il conto con la moneta unica e tornare ad essere liberi.

Quali sono state le conseguenze dell'euro sul fronte economico?
«Le conseguenze sono state disastrose sia per colpa dei governi italiani, sia per colpa delle istituzioni europee. Il governo italiano ha fatto in modo che un euro non valesse 1936,27 lire, come ottenuto a Bruxelles da Carlo Azeglio Ciampi, ma 1000 lire, dimezzando così i redditi ed i patrimoni degli italiani e provocando danni al funzionamento dell’economia. Dal punto di vista generale entrare nell’euro è stato un errore perché l’Italia si è privata della sovranità monetaria impedendo a se stessa di poter svalutare la lira, secondo le esigenze del Paese. Ora ci troviamo di fronte ad un euro che è sottovalutato per la Germania, e sopravvalutato per l’Italia, con la conseguenza che conviene investire e produrre in Germania e non investire e produrre in Italia.
E sul piano politico?
«Sul piano politico la Bce e la Commissione Europea impediscono all’Italia, con le loro decisioni contabilistiche, di svolgere una propria politica economica per il risanamento del debito pubblico. Si impone all’Italia l’austerità e nel contempo si chiede di ridurre il debito. Ma con l’austerità sono impossibili gli investimenti ed il debito cresce. Come dice Serge Latouche ci impongono di usare contemporaneamente l’acceleratore ed il freno, il che è un assurdo».
Crede che l’introduzione della moneta unica sia stata decisa a tavolino dai Paesi più forti per ottenere vantaggi a scapito dei Paesi periferici o che si trattava di un buon progetto degenerato nelle sue applicazioni pratiche?
«Ritengo che l’introduzione della moneta unica abbia giovato ai paesi più forti ed abbia indebolito i paesi meno forti a causa delle restrizioni poste dai trattati di Maastricht e di Lisbona e delle decisioni prese dal FMI, dalla BCE e dalla Commissione Europea».
C’è chi ha descritto i trattati europei come un vero e proprio colpo di Stato per alcuni Paesi membri. È un’opinione condivisibile?
«I trattati sono stati condivisi dai governi dei vari paesi. Dunque è improprio parlare di colpo di Stato. Sta di fatto che detti trattati favoriscono i paesi forti e danneggiano i paesi più deboli economicamente, grazie al principio della forte competitività contenuto nel trattato di Lisbona».
Ritiene che l’impianto normativo comunitario sia compatibile con la nostra Costituzione?
«L’impianto normativo comunitario è incompatibile con i principi fondamentali della nostra Costituzione, che pongono come fini lo sviluppo della persona umana ed il progresso materiale e spirituale della società. Invece i trattati, ispirati al neoliberismo imperante, pongono come fine il massimo profitto dell’imprenditore, per conseguire il quale si ritiene importante il pareggio di bilancio e si ritiene possibile cancellare il diritto al lavoro, il diritto all’ambiente, il diritto alla salute».
L’Italia dovrebbe uscire solo dall’euro oppure uscire anche dall’Europa come ha fatto la Gran Bretagna?
«Ritengo che l'Italia debba uscire immediatamente dall’euro, ma restare in Europa per raggiungere l’ideale della costituzione di Stati uniti d’Europa su un piano di parità e di eguaglianza tra i vari stati. Sarebbe illogico buttare via tanti sacrifici finora sopportati ed aprire la strada a probabili contrasti tra gli stati europei».
Molti sostengono che l'uscita dall'euro avrebbe effetti devastanti per l'economia del Paese. E' d'accordo?
«Uscire dall’euro avrebbe effetti soltanto positivi per l’economia del nostro Paese. Si eviterebbero le privatizzazioni e le liberalizzazioni attraverso le quali i poteri forti stranieri si impadroniscono delle ricchezze del nostro Paese come pompe aspiranti e ci conducono alla disoccupazione, alla miseria ed alla svendita del territorio.
Perché, pur tra mille difficoltà, molti Paesi più deboli continuano ad accettare le imposizioni e gli svantaggi introdotti dall'euro?
«I paesi più deboli sono ricattati dalla finanza internazionale che li vuole tenere in una posizione di subordinazione e di miseria e che minaccia decisioni negative per le economie nazionali. Occorre che i nostri governi non si assoggettino ai cosiddetti poteri forti e facciano emergere invece la loro debolezza, poiché questa forza è puramente fittizia essendo formata da 1,2 quadrilioni di dollari di derivati, e cioè 2 volte il Pil di tutti gli stati del mondo. Basterebbe che gli ordinamenti nazionali negassero validità giuridica a questi strumenti finanziari per mettere in ginocchio la finanziarizzazione dei mercati e far emergere delle economie reali nazionali.
È giusto che gli italiani si esprimano con un referendum sull’opportunità di uscire dall’euro?
«È giusto. Ma è difficile far capire agli italiani, influenzati dal tambureggiare dei media dei poteri forti e della politica ad essi asservita, qual è l’interesse dell’Italia».

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