martedì 12 gennaio 2016

La bomba Ilva scoppia a Genova. E travolge il Pd.

Insulti e sputi contro il Pd. Prima o poi, di fronte all’impantanamento del governo che ancora non riesce ad offrire un concreta via d’uscita, la bomba Ilva doveva esplodere. A farne le spese è stato Allessandro Terrile, il responsabile ligure del partito di Matteo Renzi, preso d’assalto ieri dai lavoratori delle acciaierie di Cornigliano. In realtà i dipendenti liguri dell’Ilva se la passano un tantino meglio di quelli pugliesi.

Per gli impianti di Taranto, infatti, ieri l’azienda ha confermato che gli esuberi massimi previsti per il 2016 scenderanno da 4.070 a 3.519 unità, ma per i contratti di solidarietà non ci sarà alcuna integrazione salariale rispetto alla sforbiciata del 10% (dal 70 al 60%) introdotta con il jobs act.  Per i colleghi di Cornigliano, invece, (1.650 lavoratori, di cui 750 in solidarietà) il deputato del Pd genovese Lorenzo Basso ha predisposto una sorta di paracadute. Un emendamento al decreto Ilva già approvato dalle commissioni Ambiente e Attività produttive della Camera ha infatti previsto l’integrazione al 70% fino al 30 settembre 2016 (costo per i contribuenti 1,7 milioni). Troppo poco per i metalmeccanici di Cornigliano, almeno per quelli iscritti alla Fiom Cgil, che ieri malgrado la cautela di Cisl e Uil, ha deciso di inscenare una clamorosa protesta occupando il comune di Genova. Una rivolta che non ha risparmiato nemmeno il segretario piddino Terrile, spintonato proprio mentre usciva dalla sede di Palazzo Tursi. I lavoratori liguri rivendicano l’accordo di programma siglato con la Regione nel 2005, che prevede non solo la continuità occupazionale e del reddito per lo stabilimento di Cornigliano, ma anche investimenti nella banda stagnata e finanziamenti per i lavoratori socialmente utili.
Ieri intanto, mentre nell’aula di Montecitorio è iniziata la discussione sul decreto (oggi il voto), sono anche partiti i 30 giorni entro i quali dovranno essere presentate le manifestazioni di interesse nei confronti del gruppo. In Svizzera, invece, si continua a duellare. La procura di Zurigo ha presentato appello contro lo stop del Tribunale di Bellinzona al rientro degli 1,2 miliardi sequestrati alla famiglia Riva.

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