Lo scorso anno l’operazione voluta da Matteo Renzi per semplificare la vita agli italiani semplificò ben poco. Su 20,4 milioni di dichiarazioni predisposte dall’Agenzia delle Entrate con l’ausilio della Sogei quelle rinviate direttamente dai contribuenti online senza modifiche furono 1,4 milioni. Praticamente, la grande rivoluzione coinvolse meno del 7% degli interessati.
Tutti gli altri 17,6 milioni di contribuenti fecero esattamente quello che avevano fatto l’anno precedente. Presero ricevute, documentazione, cud e visure catastali e si recarono dal loro commercialista o Caf di fiducia. Il problema non fu tanto la novità. Sui 20,4 milioni di modelli messi a disposizione dal fisco, infatti, circa 19 milioni (il 93%) sono stati rispediti all’Agenzia delle Entrate. A scoraggiare il fai da te furono in primo luogo i numerosissimi errori contenuti nella precompilata. Su alcune voci le percentuali di disallineamento con i dati reali sono state elevatissime. Ma anche per la maggior parte delle dichiarazioni corrette si è reso necessario il ricorso ad un professionista. L’incompletezza dei dati ha infatti quasi sempre costretto il contribuente all’integrazione manuale delle informazioni mancanti.
Il governo non si è scomposto. Ci hanno spiegato che era una fase di sperimentazione e che l’incompletezza era prevista e fisiologica. Dal 2016, però, si cambia musica. Per una dichiarazione totalmente precomplilata, secondo i piani del fisco e dell’esecutivo, bisognerà attendere il 2017. Ma già da quest’anno il 730 sarà quasi integrale attraverso l’aggiunta delle spese mediche e sanitarie da portare in detrazione.
Bello. Se non fosse che l’operazione si sta rivelando ben più complicata del previsto, lasciando presagire un’altra raffica di intoppi e disguidi. Intanto c’è la questione della privacy. La normativa ha giustamente previsto che ogni cittadino che abbia compiuto i sedici anni debba avere la possibilità di non rendere disponibili i propri dati. Per farlo ci sono due strade, entrambe da percorrere in fretta. Chi ha poca dimestichezza con l’informatica deve comunicare direttamente all’Agenzia delle entrate (per mail, telefono o fisicamente) entro il 31 gennaio quali tipologie di spese devono essere escluse dalla dichiarazione. Altrimenti, a febbraio il contribuente dovrà accedere all’area autenticata del sito web del Sistema tessera sanitaria tramite la propria tessera sanitaria Ts-Cns e, selezionando le singole voci, potrà evitare che vengano registrate nel 730.
Il problema più grosso, però, non riguarda i dati da togliere, ma quelli da inserire. Entro il 31 gennaio, infatti, le strutture sanitarie ed i medici (per gli enti e le casse aventi fine assistenziale e i fondi integrativi il termine è il 29 febbraio) dovranno trasmettere al Sistema tessera sanitaria tutta la documentazione relativa alle spese e ai rimborsi effettuati nel 2015 per prestazioni non erogate o parzialmente erogate. A meno di 20 giorni dalla scadenza, però, il sistema ancora non funziona. O almeno non funziona per tutte quelle strutture o quei medici che hanno scelto, così come previsto dalla legge, di affidarsi ad un professionista per l’invio dei dati. In questo caso per poter effettuare la delega il medico deve comunicare l’indirizzo di posta elettronica certificata (Pec) dell’intermediario. Poi il Sistema tessera sanitaria attraverso il portale Ini-Pec (l’indice nazionale degli indirizzi di posta certificata di professionisti e imprese) provvederà a verificare tramite l’abbinamento al relativo codice fiscale. Il problema è che dall’indice Ini-Pec sono esclusi gli indirizzi degli studi professionali associati. Risultato: anche se si tratta di un soggetto regolarmente abilitato all’attività di trasmissione Entratel, il Sistema tessera sanitaria segnala l’errore e non consente di completare la procedura. Con tanti saluti all’invio dei dati.
«Siamo alle solite», ha spiegato Marco Cuchel, Presidente dell’Associazione nazionale commercialisti, «si licenziano delle procedure senza prima testarle né prevedere quali possano essere le possibili ricadute. Quella riguardante il mancato incrocio degli indirizzi Pec degli studi associati con il codice fiscale era un’anomalia che poteva tranquillamente essere prevista prima ed evitata, invece, siamo ancora una volta costretti a denunciare una problematica». L’Anc ha inviato una lettera al Dipartimento delle Finanze e all’Agenzia delle Entrate chiedendo di risolvere subito l’anomalia. Ma i tempi sono strettissimi. E il caos è praticamente dietro l’angolo.