martedì 3 novembre 2015

Il governo pensiona Boeri: il suo piano è incostituzionale

Di tagliare, per ora, non se ne parla. Non che l’idea non abbia solleticato più volte la fantasia del governo. L’ipotesi di sforbiciare le pensioni è stata suggerita più volte, nell’ultimo anno, da più di un consigliere economico del premier. Ma Matteo Renzi non vuole sporcare l’immagine della legge di stabilità con provvedimenti lacrime e sangue a carico dei lavoratori in quiescenza, fossero pure quelli super ricchi che Tito Boeri dice di voler colpire. Anche perché per tutti, il prossimo anno, ci sarà l’amara sorpresa della rivalutazione azzerata, se non negativa. L’indice dell’inflazione usato per la perequazione potrebbe infatti attestarsi a -0,1%. E se è vero che la legge non prevede adeguamenti al ribasso i pensionati dovranno comunque restituire la differenza tra lo 0,3% di inflazione prevista per il 2015 e il tasso definitivo fissato allo 0,2%.

Così, all’indomani dell’ennesimo sasso lanciato dal presidente dell’Inps sulla necessità di finanziare la flessibilità in uscita con decurtazioni degli assegni previdenziali più alti, dal governo arriva cautela. Piuttosto che premere sull’acceleratore Palazzo Chigi, secondo quanto si apprende, starebbe pensando ad una delega «lunga», attenta all’equità sociale, con risorse da inserire nella Legge di Stabilità del 2017. Quindi tra un anno esatto.
Il governo, spiegano fonti vicine al dossier, sceglie la linea della prudenza per rispondere alle esigenze di equilibrio dei conti pubblici, e dunque alle dovute coperture finanziarie, ma soprattutto per minimizzare l’impatto sociale. Di qui l’idea di procedere ad una riforma che non vada a scapito degli assegni più deboli.

Voci e indiscrezioni che restano comunque un po’ generiche e non fugano del tutto i dubbi sulla possibilità che le proposte di Boeri possano alla fine trovare sostegno. Sebbene il presidente dell’Inps abbia in passato sostenuto la tesi di un intervento su tutte le pensioni gonfiate dal sistema retributivo, a partire da quelle sopra i 2.000 euro lordi, l’ultima idea del professore nominato da Renzi è quella di aggredire soltanto alcune categorie privilegiate. Una platea, ha spiegato Boeri, di circa 200mila persone formata da «dirigenti di azienda, personale delle Ferrovie dello Stato» e altre categorie passate al setaccio dall’Inps negli ultimi mesi. In prima fila ci sono, però, i vitalizi dei politici. Per quelli di oltre 80-85mila euro l’anno, ha detto, si potrebbero anche ipotizzare «tagli del 50%».
Su quest’ultimo punto si aprirà presto il dibattito in Parlamento, dove entreranno nel vivo una serie di proposte, a partire da quella del Pd Matteo Richetti, relatore del provvedimento, che ruotano tutte più o meno intorno all’idea di coinvolgere nel ricalcolo contributivo del vitalizio, in vigore per quelli futuri, anche gli assegni già erogati.

Di qui ad utilizzare queste risorse per finanziare la flessibilità in uscita, però, ce ne passa. Ipotizzare un intervento coperto dal taglio dei vitalizi potrebbe infatti avere margini di incostituzionalità e incorrere nel rischio di una bocciatura da parte della Consulta.
Per una volta, insomma, il governo sembra schierato al fianco di Cesare Damiano. «L’Inps», ha detto il presidente della commissione Lavoro in un’intervista a Repubblica, «dovrebbe fornire dati per fare le leggi, non proporle». Nel merito, va bene colpire i privilegi, ma una discussione di questo tipo rischia di finire col considerare un furto tutte le pensioni calcolate col retributivo».

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