Per Maurizio Sacconi si tratta di «una constatazione perfino banale sui cambiamenti in atto nel lavoro che conducono a ritenere sempre più importante il risultato, rispetto al tempo di lavoro, ai fini della definizione della retribuzione». Eppure, le frasi pronunciate venerdì da Giuliano Poletti, e ribadite ieri nel corso di un convegno sulla cooperazione in provincia di Udine, hanno scatenato un polverone che non accenna a placarsi. L’idea di archiviare o quantomeno depotenziare, nella definizione dei nuovi contratti, «il vecchio attrezzo» del rapporto ora/lavoro ha fatto saltare sulla sedia tutti i sindacati. E le polemiche, partite in tempo reale venerdì subito dopo la sortita del ministro del Lavoro nel corso di un convegno sul Jobs Act alla Luiss di Roma, sono proseguite ieri durante la manifestazione degli statali, scesi in piazza nella Capitale per il contratto del pubblico impiego.
Il ministro a Udine ha cercato di precisare il concetto, spiegando che «l’ora/lavoro non può essere l’unico parametro per misurare il rapporto tra lavoratore e opera realizzata viste le novità che avanzano nel mondo». Ma è un terreno, ha inoltre detto Poletti, su cui il governo «preferisce che siano le parti sociali a confrontarsi e ad arrivare ad un’intesa».
Parole che non hanno scalfito la rabbia delle sigle, ieri galvanizzate anche dalla difficile firma arrivata nella notte, dopo 7 anni di attesa, del contratto per il trasporto pubblico locale. Il ministro, ha tuonato la leader della Cgil, Susanna Camusso, «vuole apparire come Ufo Robot per risolvere tutti i problemi. Peccato che le condizioni della gente normale invece peggiorano. La sua idea è che non ci siano più delle regole per i diritti dei lavoratori. Non conosce com’è fatto il lavoro, il rapporto che c’è tra la fatica e il tempo dei lavori».
Poletti, le ha fatto eco il segretario della Uil, Carmelo Barbagallo, «è entrato a gamba tesa sul rinnovo dei contratti e questo non va bene». Se il governo, ha proseguito, «pensa con degli slogan giornalistici, di fare un ulteriore attacco alla contrattazione per un neo liberismo selvaggio sbaglia tempo e modo».
«Un’uscita estemporanea su un tema delicatissimo, quello dell ’orario legato all’organizzazione e ai diritti per la qualità del lavoro», è anche l’opinione di Anna Maria Furlan, leader della Cisl. «Se il ministro vuole dimostrare attenzione alla contrattazione» ha aggiunto, parlando con i giornalisti durante il corteo dei lavoratori del pubblico impiego, «qui ha una bella cartina di tornasole: rinnovi subito i contratti dove lo Stato è il datore di lavoro».
Attacchi durissimi che mal si conciliano con l’esempio concreto portato ieri da Poletti per inquadrare la sua proposta. «La Ducati ha fatto un contratto di lavoro con un integrativo veramente interessante, pieno di elementi di innovazione», ha detto il ministro a Udine. Si tratta di «una impresa meccanica che, invece di avere una linea di montaggio storica, ha le isole e ogni lavoratore ha un kit con dentro tutti i pezzi che servono a fare una parte del suo lavoro. Un’azienda - ha proseguito - dove l ’operaio lavora in uno spazio e con dei tempi che non sono dettati da una macchina per cui ogni 30 secondi deve mettere un pezzo, ma si organizza e si gestisce da solo». Questo, ha concluso Poletti, «è lavoro storico, meccanico, costruito però in modo diverso. È di questo che ieri ho inteso parlare. Cioè della volontà e della capacità di guardare avanti».
Va ricordato, a questo punto, che il contratto della Ducati, un volume di 50 pagine ispirato alla «Charta dei rapporti di lavoro del gruppo Volkswagen», riprende molti dei temi cari ai sindacati tedeschi da sempre invocati anche dalle sigle nostrane. A partire dalla partecipazione dei lavoratori alle dinamiche aziendali attraverso la costituzione di specifiche sessioni di confronto e l’introduzione di apposite commissioni tecniche paritetiche. Il contratto prevede anche cospicui premi aziendali (160 milioni nel triennio 2015-2017) e, per la prima volta in un feudo Fiom, un regime di 21 turni settimanali che consente il lavoro domenicale nei reparti meccanici. Il tutto non è stato frutto di un’imposizione governativa, ma di una trattativa durata 20 mesi che all’inizio del 2015 ha portato ad una firma di cui Cgil, Cisl e Uil si stanno ancora vantando.
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