Il fisco ha sempre ragione. Mentre la Cassazione, con una sentenza attesa e clamorosa, ha stabilito la validità di tutti gli atti firmati dagli 800 dirigenti dichiarati illegittimi dalla Corte costituzionale, il Pd va avanti a testa bassa sul tentativo di rimettere al proprio posto con una sanatoria quegli stessi dirigenti.
Per i contribuenti quello arrivato dalla suprema Corte è un vero e proprio macigno. La Cassazione ha stabilito che gli avvisi o le cartelle firmati dai dirigenti delle Entrate poi decaduti dopo la sentenza della Consulta dello scorso marzo non sono nulli. Tutti i ricorsi fin qui vinti dai cittadini in seno alle Commissioni tributari sono dunque da considerarsi carta straccia. E un contenzioso futuro non potrebbe sperare neanche di superare il primo grado. La tesi con cui i giudici hanno di fatto salvato il governo dalla prospettiva di veder finire in fumo migliaia di atti degli ispettori del fisco è che la nullità delle cartelle deve essere prevista per legge. E poiché ai fini della validità degli atti tributari non occorre che i funzionari possiedano qualifiche dirigenziali, ma soltanto che rivestano le funzioni di capo dell’ufficio o siano appositamente delegati, le cartelle restano legittime.
E per risolvere lo stesso pasticcio si stanno dando da fare anche i senatori del Pd, che hanno riproposto in commissione Bilancio del Senato gli emendamenti (già bocciati nei mesi scorsi) per far restare comunque in sella i dirigenti assunti senza concorso e sanzionati dalla Consulta.
La norma, firmata dai Dem Cecilia Guerra, Giorgio Santini e Pamela Orru e inserita nel pacchetto di proposte di modifica alla legge di stabilità in discussione a Palazzo Madama, prevede che ai dirigenti senza titolo venga comunque «corrisposto, a titolo individuale, e in via provvisoria, sino a una specifica disciplina contrattuale, il relativo trattamento economico e gli stessi continuano a esplicare le relative funzioni». In altre parole, mentre i sindacati sono in rivolta e Dirpubblica, dopo aver vinto una serie di ricorsi proprio sulle dirigenze fasulle, prepara in questi giorni una class action per chiedere i risarcimenti, il Pd vuole aggirare le norme della Pa per lasciare i funzionari al loro posto finché non partirà il concorso pubblico.
Restando in tema di pubblica amministrazione e di Pd, tra gli emendamenti spunta anche quello autorevole della presidente della commissione Affari costituzionali, Anna Finocchiaro, che punta a riaprire le assunzioni nella Pa alzando al 60% il tetto del 25% al turn over inserito nella legge di stabilità. Il governo, che aveva inserito una soglia del 40% nelle prime bozze della manovra, non sarebbe pregiudizialmente contrario, anche bisognerebbe trovare la copertura per i 50 milioni di risparmi nel 2016 e 150 nel 2017 previsti dalla stretta sul turn over. «La decisione non dipende solo dalla Funzionae pubblica, ma passa anche dal ministero dell’Economia», ha ammesso il ministro della Pa, Marianna Madia.
E il governo starebbe riflettendo anche sull’ipotesi di estendere i criteri per la decontribuzione ai neo assunti per le imprese del Mezzogiorno, come richiesto in diversi emendamenti. In alternativa c’è la proposta di aumentare dal 140 al 160% i superammortamenti aziendali.
Un nutrito blocco di emendamenti, che oggi passeranno al vaglio dell’ammissibilità, riguarda le imposte sulla casa. C ’è, ad esempio, un accordo bipartisan per introdurre uno sconto (con un tetto dell’aliquota al 4 per mille) su Imu e Tasi per chi decide di dare in affitto un immobile a canone concordato. Così come, fa sapere una delle relatrici al ddl Magda Zanoni (Pd), si lavora alla possibilità di esentare dal pagamento della Tasi sulla prima casa anche i separati, proprietari dell ’abitazione lasciata all’ex coniuge e non è escluso che possa essere approvata anche la proposta di esentare le seconde case date in comodato d’uso ai parenti di primo grado.
Malgrado il no dell’esecutivo, invece, sul tentativo di riportare il tetto al contante a mille euro si registrano le prove di convergenza, dopo la nascita di Sinistra Italiana, di uno schieramento di opposizione che va dalla minoranza Pd al Sel fino a M5S.
Oltre 60 emendamenti sui 3.500 presentati, infine, riguardano l’art. 48 sui giochi: dalla soppressione dell’intero articolo al divieto totale per il gioco d’azzardo, passando per una serie di modifiche più specifiche.
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