venerdì 4 dicembre 2015

Neanche il blitz renziano sui vertici sblocca la privatizzazione di Ferrovie

«Non c’è fretta». È questo, in estrema sintesi, il messaggio arrivato ieri dal neo ad delle Ferrovie, Renato Mazzoncini. Dopo il Dpcm sulla privatizzazione varato in tutta fretta dal governo e la quasi contestuale defenestrazione degli ex vertici, Michele Elia e Marcello Messori, accusati proprio di aver ritardato il processo di quotazione, ci si aspettava che il nuovo management procedesse come un Frecciarossa verso l’ingresso del capitale privato nel gruppo. E invece, si è scoperto che anche la scadenza del 2016, fino ad ora considerata vitale per gli obblighi europei del governo sull’abbattimento del debito, è una data come un’altra. «Non vogliamo darci scadenze», ha detto Mazzoncini in un completo informale senza cravatta durante una conferenza stampa nella sede delle Fs, «il termine del 2016 non è perentorio, perché l’azionista vuole un’operazione di successo e ci chiede di andare in Borsa quando saremo pronti».

I tempi della preparazione non sembrano brevissimi. Intanto, ha spiegato il neo ad, «dobbiamo mettere mano al piano industriale e concentrarci sulle due criticità che sono il trasporto pendolari e quello merci». E qui non è chiaro se il manager che «privatizzò» (facendola acquisire dalle Ferrovie) l’Ataf dell’allora sindaco Matteo Renzi, proseguirà il lavoro già avviato dal suo predecessore Elia o se ripartirà da zero. Poi, ha aggiunto, «servirà un quadro regolatorio stabile». Il che significa, conoscendo i tempi tecnici delle delibere dell’authority dei trasporti e l’ingarbuglio delle norme che riguardano i binari, che l’orizzonte temporale si potrebbe alllungare a dismisura. Un po’, del resto, come chiede la Camera, che ieri ha approvato a larghissima maggioranza una mozione presentata dalla Sinistra italiana per lo stop alla privatizzazione.
Sul merito della partita, Mazzoncini ha voluto chiarire che a lui il termine privatizzazione non piace. «Il fatto che una quota del gruppo possa essere destinata a un azionariato diffuso», ha spiegato, «è ben diverso dalla privatizzazione, che potrebbe significare l’ingresso di altri gruppi, cosa che non accadrà».

Ma la vera bomba arriva sulla rete, sul cui destino nelle ultime settimane tutti pensavano ci fosse uno scontro feroce tra chi voleva lo scorporo (Messori, Delrio) e chi, invece, voleva mantenerla nel gruppo (Elia, Padoan).
Ebbene, sull’infrastruttura Mazzoncini ha idee precise e, sorprendentemente, molto simili a quelle degli ex ad Moretti ed Elia. Sui binari il problema non si pone, ha detto, sono pubblici e resteranno pubblici, anche perché «valgono tanto e portano zero utili». Quanto alla gestione della rete, Rfi, «credo che debba assolutamente rimanere integrata nel gruppo, non può andare alla deriva all’interno di una società diversa». Ad una precisa domanda Mazzoncini non ha poi escluso che si possa pensare ad un conferimento allo Stato della proprietà dell’infrastruttura, ma, ha precisato, «è una questione tecnica, che valuteremo quando sarà il momento». Per il resto, considerata la sua esperienza in Busitalia, il neo ad non ha nascosto un interesse per il trasporto su gomma delle città metropolitane, compresa Atac e Atm: «Non possiamo non guardarle con attenzione».

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