mercoledì 9 dicembre 2015

L'ok al piano sicurezza contro Padoan e Ue

Matteo Renzi continua a confondere le acque tirando fuori sfottò calcistici e battute da bar, ma l’impressione è che i rapporti con il ministro dell’Economia non siano più così buoni. Prima il blitz alle Ferrovie, con il protagonismo di Graziano Delrio e la bocciatura di fatto dell’asse tra Pier Carlo Padoan e l’ex ad Michele Elia sulla privatizzazione del gruppo, poi il siparietto sul pil, con il premier bacchettato in diretta via sms per le dichiarazioni non in linea con le previsioni del Def. Ora è il turno delle risorse per la sicurezza, che Renzi vuole ricavare da un aumento del deficit deciso a tavolino, senza passare per Bruxelles.

Il braccio di ferro sulla possibilità di alzare l’indebitamento dal 2,2 al 2,4% del pil si era già verificato in occasione della prima messa a punto della legge di stabilità. Il premier avrebbe voluto mettere subito nell’elenco delle spese i 3,2 miliardi derivanti dalla clausola immigrazione per sforbiciare l’Irap. Padoan lo convinse che era meglio aspettare il via libera dell’Ue.
Poi, dopo l’attentato di Parigi, Renzi è tornato alla carica annunciando due miliardi si spese, uno per la sicurezza e uno per la cultura. Padoan, il giorno successivo, si è affrettato a spiegare che i soldi sarebbero stati trovati «nel quadro delle legge di stabilità nella misura in cui l’Europa ci riconoscerà la clausole che abbiamo chiesto». In altre parole, i soldi per la sicurezza arriveranno dalla clausola migranti. Se e quando sarà riconosciuta.

Tutt’altra la versione emersa ieri dalle riunioni tra governo e maggioranza sulla legge di stabilità a Montecitorio, Mentre Padoan è a Bruxelles per l’Ecofin a Roma si decide che il pacchetto sicurezza entrerà subito nella manovra e sarà finanziato con maggiore spazio sul deficit non vincolato ad alcuna clausola di flessibilità. Per fare questa operazione il governo dovrà fare una relazione al Parlamento per modificare il dato rispetto all’ultima Nota di aggiornamento al Def. Non dovrebbe, tuttavia, essere previsto alcun voto del Parlamento, che già si era espresso positivamente sullo scostamento eventuale legato alla ulteriore clausola di flessibilità.

Nelle prossime ore il premier farà un tweet sulla Fiorentina o su Totti e spiegherà che con Padoan è tutto a posto. Ma la soluzione suscita perplessità al ministero dell’Economia, che avrebbe preferito attendere l’ok di Bruxelles alla clausola migranti previsto per la primavera prossima. Senza stuzzicare ulteriormente gli euroburocrati che devono giudicare la compatibilità di tutte le deroghe chieste dal governo con il rispetto complessivo degli impegni.
Un’alternativa, le cui quotazioni sono, però, in discesa, è quella di un’operazione in due tempi. Una parte finanziata subito con le risorse che avanzano dalla voluntary discolosure e una parte rimandata a dopo il via libera della Ue. Il tutto con l’introduzione di nuove clausole di salvaguardia come paracadute per un eventuale rifiuto di Bruxelles.

Per il resto ieri maggioranza e governo avrebbero trovato l’accordo sulla divisione in tre fasce del credito d’imposta per le imprese del Sud che investono, al 10% per le grandi, al 15% per le medie e al 20% per le piccole. Ancora in dubbio, invece, un intervento sugli sgravi per le assunzioni, perché si stanno valutando le risorse a disposizione insieme all’Agenzia per la coesione.
Novità in vista per il settore giochi. «Stiamo lavorando per accogliere le linee guida del Parlamento e siamo disponibili a prevedere una drastica riduzione della pubblicità», ha detto il sottosegretario all’Economia, Pier Paolo Baretta a margine della riunione.

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