sabato 15 febbraio 2014

Madia, Vietti, Epifani: un toto-ministri da horror

Una squadra snella (12-15 persone), con molti giovani e donne e una forte impronta politica. Matteo Renzi sta lavorando ventre a terra alla lista dei nuovi ministri, nel tentativo di ridurre all’osso i tempi istituzionali per la formazione dell’esecutivo. Trovare la quadra, però, è meno semplice di quello che il segretario Pd si aspettava. Angelino Alfano, ad esempio, avrebbe puntato i piedi sull’ipotesi di tenere solo l’incarico di vicepremier e lasciare il Viminale. Una poltrona che il futuro presidente del Consiglio affiderebbe volentieri a Dario Franceschini, per ripagarlo del repentino passaggio dalle file dei lettiani a quelle dei renziani.



Operazione che, a cascata, lascerebbe i Rapporti con il parlamento a disposizione di Graziano Delrio (che in alternativa sarebbe braccio destro del premier alla presidenza del Consiglio, dove orbita anche l’altro fedelissimo Lorenzo Guerini), e gli Affari regionali, per Fabrizio Barca, in quota Sel (ma si fa anche il nome di Roberto Reggi). Lasciando così libera la casella dello Sviluppo, dove continuano ad aleggiare i nomi dell’ad di Luxottica, Andrea Guerra, favorito, e di Maurizio Martina, in quota minoranza Pd.
Sul fronte Ncd, oltre ad Alfano, ci sarebbe spazio anche per la riconferma di Maurizio Lupi alle Infrastrutture e Beatrice Lorenzin alla Sanità. Con la patente politica, malgrado i soli 10 mesi di legislatura, guadagnata sul campo con la segreteria di Scelta civica, per Stefania Giannini, glottologa ed ex rettore dell’Università per stranieri di Perugia, si aprirebbero le porte del ministero dell’Istruzione. La quota dei Giovani Turchi del Pd sarebbe invece coperta con la conferma di Andrea Orlando all’Ambiente.

Ancora da sciogliere il nodo Lavoro. Sembrerebbero scese le quotazioni della «renzina» Marianna Madia, la giovane parlamentare portata nel 2008 (a 28 anni) in Parlamento da Walter Veltroni nota più che altro per aver illustrato a Zanonato, scambiandolo per Giovannini, le sue idee e per essere stata strapazzata in tv dal filosofo Massimo Cacciari, che definì le sue teorie «puttanate».
Restano in corsa, invece, Guglielmo Epifani, anche se molti si chiedono come potrà un ex segretario della Cgil superare l’articolo 18, come vuole Renzi, e l’economista Tito Boeri, storico editorialista di Repubblica, che sembra favorito.
Sarebbe ancora una corsa a tre (ma c’è anche Guerra nella rosa) quella per l’Economia, ministero pesante e strategico su cui incombe, secondo quanto si dice, il gradimento di Mario Draghi. Condizione che avrebbe fatto scendere le quotazioni di Lorenzo Bini Smaghi, che rifiutò di dimettersi dal board della Bce quando Draghi ne assunse la guida, in favore di Lucrezia Reichlin, candidata pure alla vicepresidenza della Bank of England, e di Pier Carlo Padoan, ex Ocse ora alla guida dell’Istat.

Sulla Giustizia girano voci incontrollate, e poco suggestive, che parlano di un ritorno dell’ex prodiano (ora in quota Tabacci) Giovanni Maria Flick, il Guardasigilli che nel 1996 «arrestò» Priebke a furor di popolo dopo che il tribunale militare lo aveva dichiarato non punibile. Ma il favorito, in quota Udc, sembra Michele Vietti, il vicepresidente del Csm che per quest’anno, tanto perché c’è la spending review, ha deciso di aumentare il budget di Palazzo dei Marescialli del 34%.
Non ci sarebbero dubbi per due caselle di prestigio. Agli Esteri, malgrado la dubbia efficacia sull’affaire Marò, resterebbe Emma Bonino, mentre per sostituire il professor Gaetano Quagliariello alle Riforme istituzionali arriverebbe, dopo le tante critiche alle belle ministre berlusconiane, la «renzina» Maria Elena Boschi, 33 anni, nota più per l’avvenenza fisica che per il suo curriculum.

Dal Pd dovrebbe arrivare anche il nuovo ministro della Difesa: in corsa sarebbero Roberta Pinotti ed Emanuele Fiano. Mentre tiene ancora banco l’ipotesi del patron di Eataly Oscar Farinetti all’Agricoltura, che forse dopo la nomina dovrà rinunciare ad aprire negozi senza autorizzazione, come lui stesso ha confessato, o ad usare risorse comunali per aprire la Disneyland del cibo, come vorrebbe fare a Bologna.
Sembrerebbe più lontana, invece, la possibilità di vedere lo scrittore Alessandro Baricco alla Cultura. Il premier potrebbe tenere per sé le deleghe o assegnarle ad un esponente della minoranza Pd.
L’obiettivo di Renzi è di chiudere la partita entro un paio di giorni, per presentarsi lunedì con la lista. Il rischio, considerata la fretta e le pressioni, è che dopo aver evocato più volte la «palude» ora il segretario Pd riempia Palazzo Chigi di «mostri».

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