mercoledì 12 febbraio 2014

L'Ue stacca la luce a Berna. Ma l'Italia pagherà per tutti

Dopo aver chiuso le frontiere ai nostri lavoratori ora la Svizzera potrebbe anche lasciarci a secco di energia. È questo il paradossale effetto collaterale dello scontro tra Europa e Confederazione innescato dal referendum sulle quote di cittadini comunitari che possono varcare i confini svizzeri. L’escalation della tensione tra Berna e Bruxelles ieri ha visto scendere in campo le istituzioni europee, che hanno duramente criticato l’iniziativa elvetica invitando il governo svizzero a spiegare subito come intende tradurre in legge l’esito della consultazione. Se è vero, infatti, che Berna ha tre anni di tempo per adeguare la legislazione, c’è anche un problema immediato rappresentato dall’ingresso della Croazia nella Ue dello scorso luglio. La Svizzera aveva un anno di tempo per varare le norme che consentissero la circolazione dei croati sul proprio territorio, ma ora è chiaro che sarà tutto congelato. Di fatto, hanno spiegato da Bruxelles, «ci sarebbero due classi di cittadini europei e questo la Ue non può accettarlo».

Ad alzare ufficialmente i toni ci ha pensato la presidenza greca del Consiglio Ue, che ha detto di aspettarsi che «la Svizzera onori i suoi obblighi internazionali», aggiungendo che è «impossibile accettare la divisione tra libera circolazione delle persone e quella dei capitali». Per noi, ha sottolineato il ministro degli esteri greco Evanghelos Venizelos, «il concetto di mercato comune è indivisibile».
Alle parole sono seguiti anche i fatti. In attesa di valutare, come paventato ieri da Berna una «clausola ghigliottina» per far saltare tutti gli accordi bilaterali, l’Unione ha deciso di congelare i negoziati in corso con la Svizzera per l’adesione al mercato unico dell’elettricità. Bruxelles, per ora, ha comunicato alle autorità elvetiche la cancellazione della riunione del 17 febbraio. «Alla luce della situazione attuale non è previsto per il momento nessun negoziato», ha detto la portavoce della Commissione, Pia Ahrenkilde, aggiungendo che l’accordo con Berna «è logicamente legato anche alle questioni istituzionali».

Dalla Ue fanno sapere che lo stop rappresenta un «chiaro messaggio politico». I muscoli di Bruxelles, però, oltre a danneggiare in prospettiva la Confederazione rischiano di avere contraccolpi non previsti anche per i Paesi confinanti, tra cui, inutile dirlo, il nostro. Basta guardare i dati ufficiali forniti dal gestore della rete Terna, per capire, che la Svizzera non è proprio marginale per l’Italia. Su un saldo complessivo dell’energia importata di circa 43 TWh, 21,5 arrivano proprio dalla Confederazione. Si tratta, essendo la Svizzera autosufficiente, di elettricità che parte da altri Paesi (principalmente la Francia) e transita in territorio elvetico per poi finire al di qua delle Alpi. Cosa succederà a questa energia se si dovesse alzare il livello dello scontro con la Ue? La possibilità di restare al buio, diciamolo subito, non c’è. L’Italia riesce a coprire tranquillamente le sue necessità senza la quota di import, che vale intorno al 13-14% del nostro fabbisogno. Per le imprese, però, che trovano più conveniente acquistare l’energia fuori rispetto a quella costosissima italiana i danni potrebbero essere non trascurabili.

Intanto, anche senza aspettare evoluzioni del duello, ci sarà un effetto immediato. Come spiega il presidente di Aiget (Associazione Italiana di Grossisti di Energia e Trader), Michele Governatori, «il blocco del negoziato farà probabilmente saltare la chiusura dell’accordo sull’integrazione del mercato elettrico prevista per la fine dell’anno». Sul tavolo c’è la volontà di «uniformare i meccanismi di calcolo della Borsa elettrica (market coupling) per migliorare l’allocazione della capacità di interconnesione». Al di là dei tecnicismi, si tratta di rendere «il mercato dell’energia più efficiente e, quindi, più trasparente e più conveniente per gli operatori». In uno scenario di rottura dei rapporti, si potrebbe arrivare addirittura ad una sorta di isolazionismo energetico della Svizzera, che «invece di gestire l’allocazione della capacità di trasporto dell’energia con una logica di mercato potrebbe decidere di utilizzare criteri non basati sull’offerta».
Più avanti nel tempo c’è, invece, la possibilità di far saltare il percorso di riconoscimento europeo dell’energia verde proveniente dalla Svizzera. Una mancata certificazione che danneggerebbe in primo luogo la Confederazione, piena di idrolettrico, ma anche i Paesi confinanti, che, spiega Governatori, «per rispettare gli obiettivi Ue di riduzione delle emissioni potrebbero trovare più conveniente acquistare  quote di energia pulita svizzera che certificati verdi».

© Libero