sabato 13 luglio 2013

La Ue pronta a buttare 3,2 milioni per farsi una «Pravda»

L’Europa ci riprova. Qualche mese fa a Bruxelles era circolato un dettagliato progetto per addestrare un esercito di pattugliatori del web con il compito di spiare, controllare ed eventualmente combattere le sacche di euroscetticismo che si annidano nei social network. In sostanza, un grande piano di propaganda virtuale. Il tutto per soli 2 milioni di euro, chiaramente dei contribuenti.

Del progetto non si è saputo più nulla. Ma gli europapaveri sono ancora convinti che l’immagine delle istituzioni Ue sia tuttora appannata e il suo lavoro non adeguatamente comunicato. Chissà perché c’è l’idea che i cittadini del Vecchio continente non abbiano una buona opinione dei loro eurogovernanti. Sospetto alimentato anche dagli ultimi sondaggi, secondo cui solo il 57% degli intervistati dichiara di aver fiducia nella Commissione Ue e solo il 30% dice di avere un’impressione positiva dell’esecutivo comunitario.
Ed ecco allora un’altra trovata. Non ritenendo efficace il lavoro dei circa 500 giornalisti accreditati, dei 122 portavoce e addetti stampa e dei 50 componenti della Direzione generale comunicazioni, e non giudicando sufficiente il budget di 104 milioni di euro, relativo, fra l’altro, al finanziamento di Euronews Tv ed Euranet Radio, al servizio di rassegna stampa web Presseurop, al canale YouTube e alla varie newsletter, la Commissione ha pensato di crearsi direttamente una propria testata.

L’iniziativa, subito ribattezzata «Pravda» dalla stampa internazionale, è descritta nera su bianco nel documento «Online media on Ue affairs» dove nelle prime righe si legge che le politiche europee «sono sottorappresentate nei media nonostante la loro effettiva rilevanza per la vita quotidiana delle persone», che i resoconti ufficiali, stilati dall’esercito di stipendiati di cui sopra, sono spesso «scarsi, irregolari e privi di un’ampia prospettiva europea», che i cittadini «non hanno una piattaforma specializzata dove trovare e condividere contenuti di qualità». Per questo Bruxelles pensa non ad una riedizione della propaganda politica di stampo autoritario, come qualcuno ha malignamente insinuato, ma ad un servizio di news «indipendente sugli affari europei, che rappresenta una pietra miliare della buona informazione dei cittadini europei e del dibattito pubblico».
Del resto, si difende la Commissione, «offrire una informazione sugli affari Ue, caratterizzata da indipendenza, professionalità e alta qualità è stata inclusa tra le 25 azioni per migliorare la vita dei cittadini europei» proposte da Bruxelles nel 2010.

Di qui l’idea di indire una gara pubblica per arruolare una squadra di manager, editors, web designer e giornalisti che sia in grado di confezionare il prodotto completo. Il progetto è ambizioso e il costo sale un po’ rispetto alla precedente iniziativa. Se per i «troll» da sguinzagliare nel web a caccia di antieuropeisti servivano 2 milioni, questa volta la cifra prevista è di 3,2 milioni all’anno. Sempre. inutile dirlo, dei contribuenti.
La nuova testata online, ovviamente, non dovrebbe parlare bene dell’attività della Commissione. Bensì offrire contenuti «con un punto di vista equilibrato e neutrale» nonché «filtrare, selezionare e spiegare le news ai cittadini europei con standard giornalistici di qualità». Con l’obiettivo di «servire il pluralismo e rappresentare una gamma equilibrata di argomentazioni sulle questioni chiave, permettendo al lettore di farsi una propria opinione».

La storia dell’indipendenza e del pluralismo non ha convinto quasi nessuno. Men che mai i giornalisti che gravitano intorno ai palazzi di Bruxelles, che oltre alla questione di principio si sono seriamente preoccupati di vedersi portare via il lavoro sotto il naso. «Un tale progetto significherebbe istituire una Commissione di media controllati in competizione con quelli esistenti e violerebbe il principio della libertà di stampa», si legge in una lettera inviata al commissario Ue, Viviane Reding, dall’Associazione internazionale della stampa. Giusta o meno la rivendicazione dei giornalisti, a Bruxelles hanno preferito evitare polveroni che avrebbero finito col produrre l’effetto opposto a quello dello stesso progetto. «Vorrei informarvi che è stato deciso di sospendere il bando di gara in questione», ha laconicamente fatto sapere giovedì scorso il direttore generale della comunicazione della Commissione, Gregory Paulger. Quello, per intendersi, che produce i resoconti «scarsi» e «irregolari».

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