sabato 6 luglio 2013

Depressione Monti: consumi giù del 6%

Un Paese dove non si comprano più vestiti, dove i discount vengono presi d'assalto, dove si tagliano pure i costi delle medicine e del dentista. La fotografia della recessione italiana scattata ieri dall'Istat è impietosa. Nel 2012, la spesa media mensile per famiglia è stata, in valori correnti, di 2.419 euro. Il che significa un calo, sempre in termini nominali, del 2,8%. Si tratta del peggiore risultato dall'inizio delle nuove serie storiche, avviate nel 1997, ovvero 15 anni fa. In tutti questi anni solo un altra volta, nell'orribile 2009, all'indomani della crisi dei mutui subprime, l'Istat aveva rilevato una discesa della spesa delle famiglie, ma allora il ribasso era stato meno accentuato, pari a -1,7% (2.442 euro il valore assoluto medio mensile). Ma nel 2009 l'inflazione era appena allo 0,8%, quindi pure il ribasso in termini reali era risultato meno profondo. Oggi, invece, il dato diffuso dall'Istituto di statistica va caricato con una dinamica del carovita che nel 2012 ha fatto balzare i prezzi del 3%. In pratica, il valore reale speso dalle famiglie lo scorso anno è crollato quasi del 6%.

La recessione si è abbattuta su tutti i settori e su tutti i redditi, modificando profondamente gli stili di vita. La quota delle famiglie che si rivolgono agli hard discount è salita dal 10,5% al 12,3%. La spesa per abbigliamento e calzature è crollata del 10%, cos' come è diminuita quella dedicata alla cultura e al tempo libero (-5,4%) e agli elettrodomestici (-8,7%). Il calo a valori correnti è stato meno sensibile sul settore alimentare, ma tenendo conto dell'inflazione al 3% la cinghia è stata stretta eccome, più di 6 famiglie su 10 hanno di fatto tagliato la spesa alimentare, rinunciando alla quantità o alla qualità, o a entrambe le cose. Ma gli italiani hanno però risparmiato pure sulla salute, tagliando le spese dei medicinali e del dentista. L'unica voce che continua a salire è quella dei combustibili e dell'energia. Una crescita forzata e inevitabile, dovuta essenzialmente all'aumento dei prezzi (+12,5% per elettricità e gas, +15,4% per i carburanti).

Nessuno si è salvato. Le famiglie più ricche, cioè quelle con i livelli di consumo più elevati, hanno tagliato gli acquisti del 5,7%, scendendo a 3.280 euro (a fronte dei 3.477 euro del 2011). Ma la contrazione dei consumi ha interessato pure la fascia più povera, ovvero quella con i livelli di spesa più bassi (-1,5%, a 972 euro contro i 987 del 2011).
La fotografia scattata dall'Istat «non fa altro che confermare lo stato di profonda e prolungata crisi della domanda interna e il crescere del disagio sociale». Così l'ufficio studi di Confcommercio ha commenta i dati sui consumi, spiegando che tra il 2007 e il 2012 la perdita in termini reali è stata pari al 12,9% per il totale delle famiglie.

E per Confesercenti lo stillicidio non è affatto finito. Anzi, «se non ci sarà una svolta di politica economica, alla fine del 2013 avremo perso altri 17 miliardi sul 2012, portando ad oltre 60 miliardi la diminuzione rispetto al 2007, anno precedente alla crisi».
Segnali poco incoraggianti arrivano dal gestore della rete elettrica. A giugno, secondo le rilevazioni di Terna, l'energia richiesta in Italia ha fatto registrare una flessione del 6,2%. Anche se in termini congiunturali, ovvero rispetto allo scorso anno, la variazione destagionalizzata della domanda è stata praticamente nulla. Complessivamente nel primo semestre il calo è stato del 3,9%.

© Libero