Tra le tante tasse introdotte nella scorsa legislatura il governo di Mario Monti, complice il clima pre elettorale e le pressioni dei partiti di maggioranza, aveva anche varato in zona Cesarini una mini sanatoria per le vecchie cartelle esattoriali. La norma, inserita nella legge di stabilità 2013 dello scorso dicembre (articolo 1 comma 527) e accolta da tutti con grande soddisfazione, prevedeva l’annullamento automatico entro sei mesi dall’entrata in vigore di tutte le somme inferiori ai 2mila euro (compresi gli interessi e le sanzioni) iscritte a ruolo entro il 31 dicembre 1999. Stando al testo del provvedimento l’azzeramento riguardava tutti i crediti della Pa, fossero essi tributi, contributi previdenziali o rette scolastiche, compresi quelli oggetto di controversia giudiziale.
Con l’approssimarsi della scadenza, però, il nuovo governo si deve essere reso conto che l’unico atto del Professore della Bocconi a favore dei contribuenti avrebbe rischiato di provocare spiacevoli buchi nella contabilità degli enti creditori. Così, qualche settimana prima del primo luglio, giorno in cui le somme sarebbero dovute essere annullate d’ufficio, ha incaricato la Ragioneria dello Stato di correre ai ripari. Il risultato è una bella circolare (la n. 29 del 7 giugno), con cui l’Ispettorato generale di Finanza suggerisce a tutte le amministrazioni centrali e ad Equitalia il modo per aggirare la norma. In pratica, un cristallino caso di quell’abuso del diritto di cui ultimamente si parla tanto per puntare il dito contro i contribuenti che cercano legalmente di pagare meno tasse. La Ragioneria dello Stato le chiama elegantemente «indicazione operative volte a salvaguardare le ragioni di credito degli enti interessati». Nei casi, «ovviamente, in cui le stesse siano manifestamente fondate». Il motivo, come si diceva, è che l’annullamento della cartelle «potrebbe potenzialmente avere riflessi sull’equilibrio di bilancio degli enti pubblici».
Il trucchetto consigliato è facile facile. Nel caso di «partite creditorie ancora realizzabili», si «raccomanda agli enti di attivarsi prontamente per il ritiro dei ruoli concernenti i crediti di cui trattasi, notificando, se del caso, al debitore un atto ingiuntivo, idoneo ad interrompere i termini di prescrizione, in modo da poter riprendere l’attività di riscossione coattiva dopo la data del primo luglio 2013». Insomma, basta mandare una bella lettera e addio sanatoria.
La furbata di Via XX Settembre non è sfuggita a Daniele Capezzone, che in un interrogazione ha chiesto al governo di «disporre il ritiro o almeno la radicale correzione» della circolare. Per il presidente della commissione Finanze della Camera Lla Ragioneria generale, «travalicando completamente le proprie competenze, invita le amministrazioni a disapplicare la norma che esse sono invece tenute ad attuare, utilizzando, in modo del tutto inaccettabile, l’escamotage di ritirare i ruoli emessi in base ai predetti crediti, al solo scopo di evitarne surrettiziamente l’annullamento». Secondo l’esponente del Pdl la mossa non solo è «illegittima sul piano giuridico», ma anche «in palese contraddizione» col principio sancito dallo Statuto del contribuente secondo cui occorre «salvaguardare la buona fede nei rapporti tra fisco e cittadini».
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