I numeri parlano chiaro. Il nostro Paese vanta 235 prodotti che si piazzano al primo posto a livello planetario per saldo commerciale, 390 che raggiungono il secondo posto e 321 il terzo. Complessivamente si tratta di 946 prodotti che nel 2012 hanno portato in Italia, attraverso le esportazioni, 183 miliardi di dollari. Nei prodotti non alimentari il nostro surplus commerciale ci vede al quarto posto tra i Paesi del G20, dopo Cina Germania e Stati Uniti. Mentre a livello europeo, togliendo dalla bilancia commerciale il peso dell'energia l'Italia balza al secondo posto, sempre sotto la Germania. Ma qualche soddisfazione con Berlino, grazie al made in Italia, ce la togliamo. Su circa 4mila manufatti non alimentari scambiati internazionalmente e statisticamente censiti, si legge nel rapporto, il nostro Paese «ne vanta oltre 2mila che presentano un surplus commerciale e in 1.215 di essi l'Italia precede per attivo la Germania». Questo pacchetto di eccellenze nel 2011 ha registrato un surplus con l'estero di 150 miliardi di dollari, pari al 6,9% del nostro pil.
Lusso, moda, arredamento, pasta? Anche, ma non solo. Secondo lo studio I.T.A.L.I.A. - Geografie del nuovo made in Italy, la maggior parte del surplus non proviene dai settori tradizionali, ma dalla meccanica e dai mezzi di trasporto (31,6 miliardi): «Tra i prodotti per i quali guadagniamo una medaglia per il saldo commerciale troviamo le tecnologie del caldo e del freddo, le macchine per lavorare il legno e le pietre ornamentali, oppure i fili isolati di rame e gli strumenti per la navigazione aerea e spaziale».
La trama dell'eccellenze è articolata e inaspettata. Certo, 18,1 miliardi arrivano dall'abbigliamento e dalla moda e 6,4 dall'agroalimentare, dove con 252 prodotti registrati (Dop, Igp e Stg), 251 vini a denominazione di origine o a indicazione geografica tipica e 4,671 specialità tradizionali regionali, vantiamo un primato assoluto. Ma 31,6 miliardi di surplus Ma nel mondo del made in Italy c'è spazio anche per i rubinetti di Paini, che dopo due anni di test è riuscita a scalzare la Cina dagli saccafali dell'Ikea. Oppure le ceramiche hi tech di Casalgrande Padana e GranitiFiandre, che uccidono da sole i batteri e rafforzano la nostra leadership del settore a livello mondiale. E accanto alle calzature e al design, dove l'Italia vanta marchi conosciuti in tutto il mondo, ci sono i lavori in alluminio, il caffè torrefatto, il granito lucidato, la carta igienica. Oppure le 40mila viti ad alta tecnologia prodotte ogni anno dalla Umbro Cuscinetti di Perugia, azienda che nei componenti che movimentano flap e stabilizzatori degli aerei controlla il 60% del mercato mondiale.
E rimanendo nel campo dell'hi tech va ricordato il caso del grafene, uno dei materiali maggiormente utilizzati dalle nanotecnologie. A mettere a punto G+, l'innovativo processo che permette di produrre nano particelle di grafene con spessore molecolare, utilizzabili in diverse applicazioni è stata la start-up italiana Directaplus, mentre il nostro Cnr è capofila del progetto Graphene, finanziato dall'UE con un miliardo di euro, il cui obiettivo è sviluppare appieno le potenzialità del grafene e di altri materiali bidimensionali, producendo uno spettro di nuove tecnologie che mirano a rivoluzionare molti settori industriali e generare maggiore sviluppo economico su scala europea.
Parlando di made in Italy non si può poi dimenticare il turismo. L'Italia soffre sicuramente la contrazione del mercato domestico. Ma se guardiamo il numero di pernottamenti nelle nostre strutture, siamo al primo posto per accoglienza di tursti extra-Ue in Europa, distaccando di molto Gran Bretagna e Spagna.
A rendere possibile il tutto c'è un esercito di Pmi radicate sul territorio. Piccole aziende che danno corpo a quell'economia dei distretti che ancora oggi, malgrado le difficoltà della crisi, riesce ancora a fare la differenza. «La piccola impresa diffusa che realizza prodotti unici al mondo», ha spiegato il presidente di Unioncamere, Ferruccio Dardanello, presentando il rapporto, «è una delle nostre maggiori ricchezze. In essa dobbiamo continuare a credere e investire».
© Libero
Lusso, moda, arredamento, pasta? Anche, ma non solo. Secondo lo studio I.T.A.L.I.A. - Geografie del nuovo made in Italy, la maggior parte del surplus non proviene dai settori tradizionali, ma dalla meccanica e dai mezzi di trasporto (31,6 miliardi): «Tra i prodotti per i quali guadagniamo una medaglia per il saldo commerciale troviamo le tecnologie del caldo e del freddo, le macchine per lavorare il legno e le pietre ornamentali, oppure i fili isolati di rame e gli strumenti per la navigazione aerea e spaziale».
La trama dell'eccellenze è articolata e inaspettata. Certo, 18,1 miliardi arrivano dall'abbigliamento e dalla moda e 6,4 dall'agroalimentare, dove con 252 prodotti registrati (Dop, Igp e Stg), 251 vini a denominazione di origine o a indicazione geografica tipica e 4,671 specialità tradizionali regionali, vantiamo un primato assoluto. Ma 31,6 miliardi di surplus Ma nel mondo del made in Italy c'è spazio anche per i rubinetti di Paini, che dopo due anni di test è riuscita a scalzare la Cina dagli saccafali dell'Ikea. Oppure le ceramiche hi tech di Casalgrande Padana e GranitiFiandre, che uccidono da sole i batteri e rafforzano la nostra leadership del settore a livello mondiale. E accanto alle calzature e al design, dove l'Italia vanta marchi conosciuti in tutto il mondo, ci sono i lavori in alluminio, il caffè torrefatto, il granito lucidato, la carta igienica. Oppure le 40mila viti ad alta tecnologia prodotte ogni anno dalla Umbro Cuscinetti di Perugia, azienda che nei componenti che movimentano flap e stabilizzatori degli aerei controlla il 60% del mercato mondiale.
E rimanendo nel campo dell'hi tech va ricordato il caso del grafene, uno dei materiali maggiormente utilizzati dalle nanotecnologie. A mettere a punto G+, l'innovativo processo che permette di produrre nano particelle di grafene con spessore molecolare, utilizzabili in diverse applicazioni è stata la start-up italiana Directaplus, mentre il nostro Cnr è capofila del progetto Graphene, finanziato dall'UE con un miliardo di euro, il cui obiettivo è sviluppare appieno le potenzialità del grafene e di altri materiali bidimensionali, producendo uno spettro di nuove tecnologie che mirano a rivoluzionare molti settori industriali e generare maggiore sviluppo economico su scala europea.
Parlando di made in Italy non si può poi dimenticare il turismo. L'Italia soffre sicuramente la contrazione del mercato domestico. Ma se guardiamo il numero di pernottamenti nelle nostre strutture, siamo al primo posto per accoglienza di tursti extra-Ue in Europa, distaccando di molto Gran Bretagna e Spagna.
A rendere possibile il tutto c'è un esercito di Pmi radicate sul territorio. Piccole aziende che danno corpo a quell'economia dei distretti che ancora oggi, malgrado le difficoltà della crisi, riesce ancora a fare la differenza. «La piccola impresa diffusa che realizza prodotti unici al mondo», ha spiegato il presidente di Unioncamere, Ferruccio Dardanello, presentando il rapporto, «è una delle nostre maggiori ricchezze. In essa dobbiamo continuare a credere e investire».
© Libero