venerdì 12 luglio 2013

Salta la festa per gli F35. Li facciamo, ma in silenzio

Il generale del Pentagono, Christopher Bogdan, stava già preparando le valigie. Il 18 luglio, presso lo stabilimento di Cameri, in provincia di Novara, partirà l’assemblaggio del primo caccia F35 italiano targato Lockeed Martin e Alenia Aermacchi. Si tratta di una linea di produzione (l’unica fuori dagli Stati Uniti) che rientra nel più costoso programma aeronautico mai avviato: che prevede complessivamente la realizzazione di 4mila aerei. Lo stabilimento di Cameri, a regime, sarà in grado di produrre fino a due velivoli al mese.

L’evento, insomma, è di quelli che contano. Sia per i rapporti con gli Usa, sia per il prestigio della nostra industria, sia per le ricadute occupazionali (si parla di 10mila posti), preziose per tamponare l’emorraggia di posti di lavoro che ha messo in ginocchio l’Italia negli ultimi anni. Così, le due aziende, la nostra Alenia e l’americana Lockeed, avevano pensato di festeggiare l’avvenimento con una bella cerimonia di apertura. Oltre a rappresentanti italiani e ad Orlando Carvalho, capo della divisione aeronautica della Lockheed, aveva dato la disponibilità a partecipare anche il generale Bogdan, che dirige il programma F35 per il partimento della Difesa statunitense.
All’ultimo momento, però, la festa è saltata. Troppo recenti le polemiche in Parlamento della sinistra e dei grillini sul programma italiano di acquisto dei cacciabombardieri e troppo delicata la situazione politica. Il protavoce della Lockheed, Jo LaMarca, ha spiegato che la cerimonia è stata cancellata su richiesta del ministero della Difesa italiano.

Il passo indietro del governo, costretto a nascondere il lavoro degli ingegneri della Alenia che hanno disegnato e progettato le ali e tutta la parte della fusoliera del caccia, non è però bastato ai pacifisti in servizio permanente effettivo dell’M5S, che hanno trovato comunque il modo di polemizzare, definendo la decisione di cancellare la cerimonia inaugurale dello stabilimento di Cameri «un capolavoro di ipocrisia».
Piaccia o no ai grillini, alla sinistra radicale e a parte del Pd, il programma F35 andrà avanti comunque. E senza che il Parlamento possa metterci bocca. Come ha spiegato alcuni giorni fa il Quirinale dopo aver riunito il Consiglio supremo di Difesa, «la facoltà di sindacato delle commissioni parlamentari non può tradursi in un diritto di veto su decisioni operative e provvedimenti tecnici che, per loro natura, rientrano tra le responsabilità costituzionali dell’esecutivo».

E le decisioni operative di questo, come dei governi che lo hanno preceduto. prevedono l’acquisto di 90 velivoli (inizialmente erano 131) per 12 miliardi allo scopo di sostituire i vecchi Harrier della Marina e Amx e Tornado dell’aeronautica. Ben più massiccio l’investimento previsto dagli Usa, che nei prossimi anni prevede di spendere 392 miliardi di dollari per comprare 2.443 F35, nel più oneroso programma di spesa mai varato dal Pentagono.
Complessivamente i 9 partner del progetto Joint Strike Fighter (oltre a Usa e Italia ci sono Gran Bretagna, Canada, Australia, Turchia, Danimarca, Norvegia, Olanda) prevedono di acquistare oltre 3mila velivoli. Molti dei quali, destinati all’Europa e all’Asia, saranno assemblati proprio a Cameri. Negli stabilimenti Alenia di Foggia e Nola (a Napoli) saranno invece realizzati i componenti dell’ala e del cassone alare. La società del gruppo Finmeccanica ha firmato poco più di un mese fa con la Lockhedd un contratto da 141 milioni di dollari (che include anche attività non ricorrenti per la realizzazione di tools produttivi) per la produzione della prima ala completa e di alcune componenti. Il costo dei primi aerei si aggira intorno ai 106 milioni di euro.

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