In sociologia le chiamano le profezie autoavverantesi, che si verificano quando la predizione genera l’evento. La definizione rischia di calzare a pennello per l’intervento a gamba tesa di S&P, che con il suo frettoloso declassamento potrebbe generare le condizioni per un peggioramento reale dello scenario economico.
Questo, almeno, è il quadro che emerge all’indomani dello sgambetto dell’agenzia di rating. La situazione dell’economia italiana «è difficile», ha spiegato Ignazio Visco nel corso dell’assemblea dell’Abi, ma «la prospettiva è di ripresa» come sottolineato «da diversi organismi internazionali fra cui l’Fmi».
Per il governatore di Bankitalia la contrazione del pil nel 2013 si attesterà sui due punti percentuali, ma a fine anno l’attività economica del Paese ripartirà «a ritmi moderati», con una crescita complessiva «superiore al mezzo punto percentuale nel 2014». Quanto alle previsioni di S&P, che fra le debolezze citava anche il sistema bancario, per Visco «i timori degli analisti internazionali sulla solidità delle banche italiane non vanno sottovalutati, anche se non sempre ben motivati». Anche per questo, secondo il governatore, non bisogna mollare la presa sui conti pubblici. «Non possiamo», ha infatti spiegato, «rischiare di perdere la fiducia degli investitori, fragile ed esposta alle mutevoli valutazioni degli analisti».
Più duro e diretto Fabrizio Saccomani, secondo cui la decisione di Standard & Poor’s «non è adeguatamente sostenuta da analisi condivise». Anzi, «appare basata sull’estrapolazione meccanica di dati e della situazione del passato, con minima o nulla considerazione per le misure già prese o in corso di attuazione». Nettamente diversa, a giudizio del ministro dell’Economia, la situazione reale. I dati del secondo trimestre «suggeriscono una graduale stabilizzazione del ciclo» e «la ripresa, dopo la lunga stasi dell’azione politica, è ora attesa a partire dal quarto trimestre e prenderà vigore nel 2014 sulla scorta delle misure di rilancio». In questo scenario, però, la mossa di S&P «può avere effetti pro-ciclici e destabilizzanti». In altre parole, rischia di creare lo scenario previsto.
A confermare l’ottimismo di Visco e Saccomanni ieri anche l’Istat ha certificato che qualcosa si sta muovendo. Malgrado l’inevitabile flessione rispetto allo scorso anno (-4,2%), a maggio, dopo tre cali consecutivi, la produzione industriale è cresciuta dello 0,1% su aprile. E le prospettive sembrano buone anche per i mesi successivi. L’ufficio studi di Confindustria, infatti, stima per giugno un altro rialzo dello 0,4%, anche se su base trimestrale resterebbe un calo dell’1%. «Non vi sono ancora chiari segnali di una netta inversione di tendenza», scrivono gli esperti di Viale dell’Astronomia per la prima volta dopo mesi di valutazioni poco incoraggianti, ma «emerge un quadro nel complesso meno negativo».
E l’inversione di tendenza sembra essere confermata anche dall’andamento delle entrate. «Per la prima volta dall’inizio dell’anno», ha anticipato Saccomanni «i dati provvisori del mese di giugno relativi all’Iva sugli scambi interni hanno fatto registrare un risultato positivo, 4,5% rispetto allo stesso mese del 2012». Anche le esportazioni, ha aggiunto il ministro, «dopo una flessione a inizio anno, forniscono ora indicazioni di un rinnovato sostegno all'attività economica».
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