martedì 9 luglio 2013

Della Valle trascina il Quirinale nella battaglia per il «Corriere»

«È in pericolo la libertà di opinione di un pezzo importante della stampa italiana e vedendo che sulla questione Rizzoli è già stato coinvolto da altri, anche io, e credo molti italiani, abbiamo bisogno di conoscere il Suo pensiero». Solo qualche giorno fa Diego Della Valle aveva definito la telefonata tra John Elkann e il capo dello Stato sulla scalata della Fiat ad Rcs una roba «da Istituto Luce», come quando «il Duce mieteva il grano ad agosto».

Ora però a Giorgio Napolitano ha deciso di scrivere pure lui. Forse proprio per rinfacciargli quella comunicazione, che il patron della Tod's criticò fuori dai denti, consigliando addirittura il presidente della Repubblica di spendere il suo tempo in maniera più proficua, magari facendo «una telefonata ai dipendenti di Pomigliano d'Arco» oppure andando «a trovare gli operai dell'Ilva di Taranto». Quali che siano i motivi, l'uno-due Elkan-Della Valle ha ormai trascinato prepotentemente il Colle nel bel mezzo della guerra su Rcs.
L'appello di Della Valle a Napolitano arriva al termine di una giornata in cui il management del Lingotto si è stretto intorno al progetto di Elkann. Rcs «è strategica» per Fiat, «altrimenti non avremmo investito tanto», ha commentato ieri mattina l'ad del gruppo automobilistico Sergio Marchionne. Con il presidente d'onore di Exor, Gianluigi Gabetti, che gli ha fatto eco, spiegando che con Elkan l'Rcs è «in buone mani».

Dichiarazioni che devono aver fatto saltare la mosca al naso al patron della Tod's, che sembra intenzionato a contrastare con tutti i mezzi, sia finanziari sia mediatici, la scalata del Lingotto al colosso dell'editoria. Così, dopo aver chiesto alle banche di appoggiare la sua idea di azionariato diffuso, Della Valle ieri si è rivolto direttamente al presidente della Repubblica. «Nessuna disputa o competizione personale con alcuno», scrive, «è mia ferma convinzione che in un Paese democratico la stampa debba essere indipendente e libera di esprimere le proprie opinioni senza vincoli o pressioni e bisogna evitare che chiunque tenti di prenderne il controllo per poterlo poi utilizzare come strumento di pressione». Dopo essersi detto, quattro giorni fa, pronto «se il piano funziona a prendere anche tutto l'inoptato e quindi anche più del 20%» rastrellato dalla Fiat, ora Della Valle, all'8,8% post aumento, chiede ai soci forti, Fiat, Intesa e Mediobanca, di fare insieme a lui «un passo indietro» e di lasciare «completamente l'azionariato di Rcs liberandolo così da tutte le vecchie polemiche e da tutte le dietrologie di ogni tipo». Una questione di democrazia secondo il numero uno della Tod's, per difendere la quale «bisogna evitare che chiunque tenti di prendere il controllo (del gruppo Rcs) per poterlo poi utilizzare come strumento di pressione». «C'è bisogno di una voce forte al di sopra delle parti e della massima autorevolezza che lo richieda nell'interesse di un processo indispensabile di modernizzazione del Paese», si legge nell'appello al capo dello Stato, e «ora è il momento di dimostrare che chi guida il Paese non ha più sudditanze verso nessuno».

Prima della risposta della politica è però probabile che arrivi quella della finanza, da domani e fino al 16 luglio in Borsa sarà offerto in asta l'inoptato dell'aumento (15%) non già collocato, per un impegno di sottoscrizione da 60 milioni, pari poi all'11,2% nel capitale post operazione con, secondo quanto appare, pochi spazi per nuovi colpi di scena.
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