mercoledì 29 agosto 2012

La Spagna nega ancora, ma gli aiuti sono pronti

Nessuna richiesta di aiuto. Ma l’Europa è pronta ad intervenire. È un curioso duetto quello tra il premier spagnolo Mariano Rajoy e il presidente del Consiglio Ue, Herman Van Rompuy. Una conferenza stampa congiunta con smentite che non smentiscono e rassicurazione che non rassicurano. Il primo giura che «non c’è alcun negoziato con l’Europa, perché non ci sono richieste di salvataggio». Il secondo conferma, premettendo che «spetta al governo iberico» la prima mossa e aggiungendo, però, che «l’Ue è pronta ad intervenire sulla base di un breve preavviso». I motori, insomma, sono già accesi. E la sensazione è che i tempi, malgrado gli sforzi di Rajoy, non saranno molto lunghi.

 L’incontro di ieri con Van Rompuy inaugura una fitta agenda di appuntamenti con i leader Ue. È attesa per domani la visita del presidente francese Francois Hollande, mentre per il 6 settembre sarà il turno della cancelliera tedesca Angela Merkel. Sullo sfondo di questa certosina tessitura, oltre alla messa a punto dei dettagli per il prestito da 100 miliardi per il rifinanziamento del sistema bancario, pesa proprio l’ombra del «salvataggio», quello che a parole Rajoy cerca di esorcizzare. Anche di fronte ai dati della Banca centrale europea, che denunciano come nel mese di luglio ci sia stato un crollo dei depositi bancari di famiglie e aziende, equivalente ad un ritiro di 74.228 milioni di euro (-4,6%), la più forte emorragia dal settembre 1997, il governo ha cercato di minimizzare. Stesso discorso per il pil 2012, che ieri è stato rivisto da -1 a -1,3%, e per la Catalogna, che ha formalizzato la richiesta di aiuti per 5 miliardi al Fondo di liquidità regionale del ministero delle Finanze. «La aiuteremo come abbiamo già fatto in molte altre occasioni», ha tagliato corto Rajoy.

Unico dato positivo, quello dell’asta di titoli di Stato. Madrid ha fatto il pieno di bonos a 3 e 6 mesi, collocando sul mercato 3,6 miliardi di bond contro un target massimo di 3,5 miliardi. Il rendimento medio sul trimestrale è crollato allo 0,946% dal 2,434% di luglio, mentre il tasso sul titolo a sei mesi è calato al 2,026% dal precedente 3,691%. La stessa atmosfera euforica, però, si è registrata a Roma, dove Via XX Settembre ha venduto tutti i tre miliardi di Ctz con scadenza maggio 2014 con un tasso medio in discesa al 3,064% dal 4,86% del mese scorso, che era risultato il top da novembre 2011. La domanda è stata di 1,95 volte l’importo offerto. Il Tesoro ha collocato, inoltre, anche tutti i 750 milioni di euro di Btp indicizzati all’inflazione dell’eurozona con scadenza 2016 e 2019. Sulla scadenza 2016 il tasso è sceso al 3,69%, in calo dell’1,51%, mentre sulla scadenza 2019 il rendimento si è attestato al 4,39%. La realtà, spiegano gli analisti, è che sui titoli a breve termine c’è la speranza che la Bce possa intervenire a breve. Ma i segnali vanno interpretati con cautela. Come dimostrano gli spread, rischizzati a 450 punti quello italiano e a 515 quello spagnolo. Anche le Borse, del resto, hanno chiuso tutte col segno meno. Gli occhi dei mercati sono adesso puntati sull’incontro di Jackson Hole, da venerdì a domenica prossimi (al quale il presidente della Bce Mario Draghi ha fatto sapere che non parteciperà) durante il quale il numero uno della Fed Ben Bernanke potrebbe «annunciare nuove misure a sostegno della ripresa». Le due date per l’Europa sono invece il 6 settembre, giorno del consiglio direttivo della Bce, e il 12 settembre, quando la Corte Costituzionale tedesca si esprimerà sulla legittimità del fondo salva-stati Esm.
Nel frattempo oggi il Tesoro tenterà di piazzare 9 miliardi di bot semestrali e domani sarà il turno di 6,5 miliardi di Btp a 5 e 10 anni. Esame, quest’ultimo, più difficile da superare.

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