venerdì 3 agosto 2012

Draghi non usa il bazooka. Lo spread schizza a 500

Mario Draghi spara a salve. E i mercati vanno a picco, con lo spread di nuovo sopra quota 500. Doveva essere il giorno della resa dei conti, dell’affondo della Bce contro la speculazione. Ma alla fine dal bazooka dell’ex governatore di Bankitalia sono usciti solo buoni propositi e minacce non meglio precisate di futuri e clamorosi interventi. Per sgonfiare la tensione sui titoli di Stato, ha spiegato Draghi, «la Bce sta valutando ulteriori misure non convenzionali». Con la promessa che gli interventi diretti sui mercati «saranno di dimensioni adeguata agli obiettivi» e che l’istituto di Francoforte «andrà al di la di quanto stabilito dal Consiglio Ue di giugno».

 Frasi ad effetto, che lasciano però a bocca asciutta chi si aspettava annunci precisi e circostanziati. Come del resto aveva lasciato intendere lo stesso Draghi la scorsa settimana da Londra («faremo tutto il necessario»). Di fatto, per evitare di arrivare ad una spaccatura del consiglio della Bce (inevitabile considerati gli avvertimenti pubblici lanciati dalla Bundesbank), il presidente dell’Eurotower ha scelto di limitarsi alla definizione di «linee guida», una serie di orientamenti per risolvere la crisi che non escludono niente: nuove aste Ltro a lungo termine per rifinanziare le banche, ampliamento dei collaterali accettati dalla Bce a garanzia dei prestiti, fino all’acquisto diretto di titoli di Stato dei Paesi più a rischio. Ma tutto dovrà essere valutato «nelle prossime settimane» (difficilmente prima di settembre) e le mosse della Bce, sembra di capire, saranno vincolate all’atteggiamento dei Paesi che beneficeranno degli aiuti. La Bundesbank, in altre parole, ha incassato «una stretta ed efficace condizionalità» agli interventi della banca centrale ben maggiore del passato.

Il che significa guai per l’Italia, visto che la Spagna ha già gettato la spugna, mentre l’Italia continua, come ha ribadito Mario Monti anche ieri, ha negare la possibilità che il nostro Paese debba ricorrere al sostegno dell’Europa. Sul punto, però, Draghi è stato abbastanza chiaro: i governi «siano pronti a chiedere l’intervento» dei fondi Efsf e Esm «qualora fosse necessario». E ancora: «Gli spread sono a livelli inaccettabili, ma la Bce non può sostituirsi ai governi». In pratica, spetta ai Paesi in difficoltà fare il primo passo e chiedere l’intervento dello strumento che la stessa Ue ha designato: l’Esm e non la Bce (limitata al ruolo di agente) mettendo per iscritto nel memorandum gli impegni che peraltro il Paese già ha preso con i partner europei.
La sintesi estrema della giornata di ieri è che per ora l’unica unanimità possibile all’interno della Bce è quella sulla «irreversibilità» dell’euro e sulla necessità di difenderlo. Per il resto, la Banca centrale tedesca resta fermamente contraria a interventi diretti di Francoforte sui titoli di Stato. È noto, ha detto lo stesso Draghi, che la Bundesbank «ha delle riserve sull’acquisto di bond». Le trattative all’interno del consiglio della banca centrale sono aperte e c’è chi scommette che il numero uno della Bce sia disposto anche ad arrivare alla conta dei voti pur di spuntarla, ma sarà comunque difficile che la situazione possa cambiare prima di settembre. I continui riferimenti di Draghi all’utilizzo dei fondi salva-Stati, del resto, rimandano qualsiasi iniziativa all’operatività del nuovo strumento Esm, che non arriverà prima della decisione della Corte di giustizia tedesca prevista per il 12 settembre.

Il messaggio di stallo, malgrado gli apprezzamenti giunti in tempo reale dal Fondo monetario internazionale («bene la ferma volontà della Bce di effettuare operazioni di mercato della giusta taglia e altre misure di politica monetaria non convenzionali») e la smentita di Draghi che siano stati fatti «passi indietro» rispetto alle dichiarazioni dei giorni scorsi, è arrivato forte e chiaro ai mercati. Madrid ha chiuso a -5,6% e Milano è scivolata del 4,64%. Complessivamente le borse europee hanno perso in una sola seduta circa 88 miliardi di euro, di cui 14 bruciati soltanto dalla nostra Piazza Affari. Un vero e proprio bollettino di guerra è quello registrato dal comparto del credito. Bper ha perso il 9,8%, Bpm il 9,69%, Intesa Sanpaolo il 9,63% e Mediobanca il 9,36%. Non è andata meglio a Ubi Banca (-9,22%), Mps (-8,01%) e Unicredit (-7,34%). Pesanti Generali (-6,43%), Unipol (-7,45%), Fonsai (-7,35%), Premafin (-3,22%) e Milano Assicurazioni (-5,85%). Immediata anche la reazione sul fronte dello spread. Il differenziale Btp-bund ha di nuovo superato quota 500, raggiungendo i 505 punti base.

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